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Per un pugno di dollari

Regia di Sergio Leone vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Per un pugno di dollari

di laulilla
8 stelle

Girato per lo più in Spagna per gli esterni (Almeria, con le sue bianche case, e sul fiume Alberche per le sequenze della strage del Rio Bravo), nonché a Roma per gli interni, fra l’aprile e il giugno del 1964, costituisce il primo film della cosiddetta “Trilogia del dollaro”.

 

Sergio Leone non lo firmò col suo nome, ma assunse lo pseudonimo di Bob Robertson - omaggio al padre che si firmava Roberto Roberti  - e infatti con questa firma, è stato trasmesso in questi giorni da RaiPlay.

Data l’esiguità del budget messo a disposizione dal produttore, il film ebbe un travagliato inizio: vennero ridotte e tagliate tutte le scene dispendiose che ne costituivano la premessa: venne invece scritturato il semi-sconosciuto Clint Eastwood, che – privo di nome, ma col suo poncho leggendario, il suo cappellaccio, il sigaro e la pistola – è il primo personaggio ad apparire sulla scena, quando si affacciava sulla soglia di un “saloon” chiedendo qualche notizia su San Miguel, ovvero sul centro quasi disabitato al confine tra Stati Uniti e Messico, che la lotta per il potere fra due famiglie aveva reso “un paese di vedove”.


Erano stati i messicani Rojo, commercianti in alcolici e gli americani Baxter, mercanti d’armi coloro che con i loro scherani avevano fatto di un bianco paese non lontano dal Rio Bravo un borgo polveroso e deserto, né la lotta si era conclusa: così Silvanito (José Calvo) gli aveva risposto, accogliendolo senza ostilità, ben sapendo che il forestiero presto se ne sarebbe andato per non morire, schiacciato dalla ferocia delle famiglie nemiche, ancora in guerra.

Altre notizie su San Miguel e sui suoi abitanti erano arrivate allo straniero senza nome: quelle sulla bella Marisol (Marianne Koch), di cui era follemente innamorato il feroce fratello di Silvanito: Ramón Rojo (Gian Maria Volonté), che stava per raggiungere San Miguel per concludere – finalmente per sempre – la guerra con i Baxter, armato fino ai denti  e privo di scrupoli morali, come gli sghignazzanti sicari al suo servizio.

Il film, che si ispirava liberamente a La sfida del samurai, di Akira Kurosawa, fu accolto in Italia e negli USA con un grande successo di pubblico, ma con molte riserve, soprattutto qui, da parte della critica che non seppe coglierne il linguaggio del tutto nuovo, né la volontaria contrapposizione ai western della pur nobilissima tradizione fordiana, di cui Leone-Robertson coglieva la lontananza, ormai, dalla realtà sociale e politica di un’America che aveva conosciuto Kennedy e che – dopo la sua drammatica morte “texana” a Dallas – sperava di voltare davvero pagina, mostrando la crudeltà arbitraria della violenza e dell’uso irresponsabile delle armi. 
Film rivoluzionario, come la musica di Morricone, bellissimo mix di suoni, rumori, voci cupe e diaboliche risate, che non si dimentica facilmente; perfetto accompagnamento di un’opera che nonostante qualche difetto di sceneggiatura, diventerà il modello dei grandi film di Sergio Leone successivi (anche oltre la Trilogia del dollaro).

 

Ancora per pochi giorni senza pubblicità su RaiPlay.



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