Regia di Silvio Siano vedi scheda film
Peppino, un bambino povero di sei anni, scappa di casa convinto di cercarsi un lavoro. Le rassicurazioni di Vincenzo, fidanzato della sorella, e del commissario Bertone riescono a riportarlo a casa, ma Peppino rischia comunque di finire su una brutta strada. Quando Vincenzo si trova in pericolo, però, è proprio il piccolo a intervenire per salvarlo.
Un po' melodramma in salsa partenopea - tragedie, disgrazie, lacrimoni e un innato senso di appartenenza alla famiglia - e un po' neorealismo, con storie vere e crude ambientate nelle strade di un Paese in ricostruzione: ecco la formula di Soli per le strade, opera seconda a due anni di distanza da fuoco nero (1951) per Silvio Siano, qui anche sceneggiatore insieme a Marcello Ciorciolini e Guido Malatesta. Francamente un lavoro non riuscito, sia per qualche lacuna tecnica-estetica (Siano come regista non è effettivamente ricordato granchè e, dopo qualche titolo dimenticabile, passerà a ruoli di produzione, dove otterrà qualche soddisfazione in più) che per evidenti carenze di budget: una pellicola povera nella fattura, ma a suo modo coerente, che porta avanti minime, ma oneste ambizioni. Fra gli interpreti i volti di maggior rilievo sono quelli di Brunella Bovo, Giulio Donnini, Tecla Scarano, Carlo Tamberlani, Rita Livesi, Amedeo Trilli e Ugo D'Alessio, con un ruolo anche per il giovane Marco Vicario, futuro regista di successo: sostanzialmente, per quanto si parli di attori preparati e dalla resa sullo schermo dignitosa, nessun nome di richiamo. La storia pecca di eccessi di pathos e mostra snodi prevedibili (specie il finale estremamente accomodante, seppure oggi moralmente discutibile), ma come detto si rivolge a un pubblico popolare ai massimi livelli ed è palese che il film, con un giro di parole, 'non si crede meglio di ciò che realmente è'. Siano riuscirà ad alzare un po' il tiro nella sua successiva regia, quattro anni più tardi: Saranno uomini, con la Pampanini, Francisco Rabal e Massimo Girotti. 3/10.
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