Regia di Sidney Lumet vedi scheda film
Riprende alcune idee da Gli insospettabili, con lo stesso attore per una parte simile (o piuttosto per quella che era stata di Sir Olivier), ma senza le invenzioni visive di quello. Il racconto è statico, dichiaratamente ed eccessivamente teatrale, secondo un gusto di Lumet, che gioca con compiaciuti dialoghi che dovrebbero trascinare o divertire il pubblico.
Qui la vicenda è movimentata da gratuiti colpi di scena che la rendono più piacevole alla prima visione, più falsa e artificiosa nel rivederlo; l'idea dell'opera in fieri o work in progress può aggiungere un tocco di piacere intellettuale ad un'opera che abbia anche altro da dire, ma non può costituire l'ossatura dell'opera; il copione stesso denuncia l'inganno e deride il pubblico, affidando al protagonista, scrittore inaridito che non riesce più ad aver successo, la lezione di come avvincere il pubblico con i trucchi che il film sta applicando, per concludere con la rivelazione che ormai il tutto è diventato teatro, in cui rivivono e recitano i personaggi morti nella vicenda cui avevamo assistito, e in cui la vera assassina nonché autrice della commedia vissuta è una vicina di casa. Tutto appena variato in vecchi modi su invenzioni vecchie. Il commediografo è rimasto quello del suo primo lavoro, che gli aveva dato un successo tale da continuare e far rappresentare le sue opere ormai prive di valore; se ricordo bene si chiamava proprio Sidney, come Lumet, ma se anche ricordo male mi pare indubbio il riferimento autobiografico, anche se astutamente avendolo confessato lui stesso mi crea disagio a ripetere con lui che l'unica sua opera veramente convincente è stata la prima, La parola ai giurati: in questo devo proprio dargli ragione. Anche se molti altri hanno avuto un certo successo e quasi tutti sono almeno dignitosi.
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