Regia di Sam Peckinpah vedi scheda film
Uno dei piu' riusciti "anti-western" degli anni 60/70. Film grottesco, dai tempi dilatati, che contraddice tutte le convenzioni (etiche ed estetiche) del western classico. Di tutti i film di Peckinpah, questo e' il piu' "europeo", per lo straniamento di stampo brechtiano con cui viene esposta la vicenda. E tuttavia, non c'e' nessuna retorica, nessuno schematismo, nessuna rigidita' dimostrativa. E' un film che ha i toni leggeri e i colori crepuscolari di altre elegie dello zio Sam (Sfida nell'Alta Sierra, Pat Garrett e Billy Kid). Un film amaro, disulluso, malinconico: tutte caratteristiche che non impediscono al regista di operare una revisione lucida, critica, profonda e complessa del mito del self-made man e di tutti gli altri valori su cui si fondo' la civilta' americana. La vendetta, l'amore, il denaro: sono tutti elementi che in un western classico avrebbero costituito il motore della vicenda e la motivazione morale delle gesta dell'eroe protagonista; qui, queste "ragioni d'essere" dell'epopea western vengono smontate con lucidita' critica e umorismo sardonico, e cosi' private di senso. Cable Hogue e' un anarchico individualista conservatore, come tutti gli anti-eroi di Peckinpah, un romantico che crede ancora in una forma primitiva, genuina di capitalismo, e nella possibilita' di vivere fino in fondo il proprio Sogno, nel deserto, con la donna della propria vita: la Storia lo sconfiggera'. Bellissima l'ultima mezz'ora, che sfiora il surrealismo.
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