Regia di Peter Yates vedi scheda film
Peter Yates conclude, ahimé in netto calando, la sua ideale trilogia incentrata su eroine femminili. Dopo la tenace avvocatessa Cher nell'intrigante e riuscito "Suspect" e la curiosa giornalista del "Life Magazine" Kelly McGillis nell'interessante ma un pò faticoso "Labirinto mortale" è la volta dell'esperta enologa Penelope Ann Miller. Peccato che questo "L'anno della cometa", elaborato sulla falsariga di brillanti avventure giallo rosa stile "All'inseguimento della pietra verde", sia una sciocchezzuola ai limiti dell'inconsistenza. Il simpatico modello resta lontano e l'impressione è quella di un filmetto leggero leggero, valorizzato più che altro dalle eccellenti ambientazioni scozzesi, da un'ottima fotografia e da qualche riuscita sequenza d'azione virata al comico. I duetti amorosi alla Romeo e Giulietta tra i due protagonisti sanno di stantio ed artefatto, anche se qualche battuta stuzzicante, specie nella prima parte, va a segno ("Sei sposata? Se lo fossi tuo marito sarebbe alto 70 cm con tutte le martellate che gli daresti!" è il sarcastico commento di Oliver riguardo all'acidità tipica da zitella di Margaret). Più curiose appaiono invece le motivazioni del cattivo di turno che non vuole dominare il mondo ma, più semplicemente, è in cerca dell'elisir dell'eterna giovinezza (tema che... non invecchia mai, visto il continuo ricorso che si fa alla chirurgia estetica). Azzeccato, nel suo carattere volutamente caricaturale, il personaggio di Richard, il fratellastro della protagonista, invidioso, superbo ma del tutto incompetente in fatto di vini, da sempre preferito dal padre negli affari perché uomo, ma che nel finale, dopo i successi lavorativi di Margaret, sarà costretto a ricoprire l'umile compito del maggiordomo/cameriere che in passato era sempre stato riservato ingiustamente alla sorella. Penelope Ann Miller (il suo unico ruolo rimarchevole resta quello di Gail nel meraviglioso "Carlito's way" di De Palma) e Tim Daly sono funzionali e carini, ma non hanno l'appeal necessario per far volare il film al di là di una mediocrità tutt'altro che aurea. Da Peter Yates ("Bullit" e "Il servo di scena" i suoi titoli migliori) e William Goldman, sceneggiatore di razza due volte Premio Oscar (per "Butch Cassidy" e "Tutti gli uomini del presidente") era doveroso attendersi di più che uno spettacolino fanciullesco, innocuo e futile che intrattiene poco e diverte ancora meno, il cui unico pregio, a conti fatti, è la durata assai breve (meno di un'ora e mezza). Yates e Goldman, peraltro, avevano già lavorato insieme con risultati ben più accattivanti nell'irresistibile e divertente "La pietra che scotta" con Robert Redford. Ultimo film interpretato da un ironico e gustoso Luois Jordan (è Philippe l'anziano criminale in cerca di perenne giovinezza). Fotografia di Roger Pratt (nomination all'Oscar per "Fine di una storia" di Neil Jordan), montaggio di Ray Lovejoy (nomination all'Oscar per "Aliens scontro finale" di James Cameron), scenografie di Anthony Pratt (nomination all'Oscar per "Anni '40" di John Boorman e per "Il fantasma dell'opera" di Joel Schumacher). Piccola curiosità: anche se molti considerano che la cometa del titolo sia quella di Halley, questa non viene mai esplicitamente menzionata nel film. Infatti la cometa del titolo era la Grande Cometa del 1811 (formalmente chiamata dagli astronomi C/1811 F1). La cometa di Halley, che compare ogni 75/76 anni circa è apparsa nel 1758 e nel 1835, non dunque nel 1811.
Voto: 5
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