Regia di Emir Kusturica vedi scheda film
Girato per buona parte all'interno e con la comunità rom di Skopje, dopo un periodo di conoscenza e sperimentazione delle loro usanze da parte del regista e i suoi collaboratori, Il tempo dei gitani racconta di Perhan, un giovane disincantato costretto a seguire un gruppo di trafficanti di esseri umani. L'immagine è spesso sporca e instabile, come la terra desolata che inquadra, ma lo sguardo di Emir Kusturica non sedimenta sui concetti banali, bensì riempie il quadro di vita, attraverso l'ampio uso di long shot, atti ad animare uno sfondo abitato da personaggi secondari portatori di caratteri, sentimenti, anime grottescamente tragiche radicate in un posto quasi perso nello spazio e nel tempo, se non per una fessura aperta dalla realtà titoista; all'atmosfera ci pensano le musiche folkloristiche di Goran Bregovi?, quest'ultimo alla prima di tante collaborazioni col regista di Sarajevo (ma naturalizzato serbo). Scevro di sentenze morali, la pellicola di Kusturica ha l'abilità di avvolgere lo spettatore col calore e la disinibizione dei propri protagonisti, tra i quali spiccano gli interpreti non professionisti pescati direttamente dalla comunità rom, ma anche la lucidità di non vagheggiarsi eccessivamente tra visioni d'amore quasi felliniane e richiami allucinatori ad un microcosmo fortemente maschilista, sul quale ondeggia minacciosamente l'ombra di un velo da sposa, concetto che ritorna come il dovere e la colpa in un giovane ragazzo il quale, uscendo dal nido, sacrifica la propria purezza per farsi uomo.
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