Regia di Alex Proyas vedi scheda film
Al di fuori dei cinefumetti della Disney/Marvel, definiti dal vecchio Scorsese come parchi a tema e quindi non cinema, c'è da dire che al di fuori delle pellicole seriali prodotte da tale agglomerato produttivo (quasi) monopolistico, sembra esserci vita pulsante qua e là nel genere, tanto che quasi quasi dispiace aver atteso così a lungo nell'aver recuperato Il Corvo di Alex Proyas (1994), tratto dal bel fumetto di James O'Barr, dai tratti auto-biografici, incentrato su Eric Draven (Brandon Lee), resuscitato dall'aldilà per vendicarsi degli assassini della sua persona e di quello della fidanzata, con la quale era in procinto di sposarsi, accompagnato nella missione da un sinistro corvo che funge da tramite tra il mondo dei vivi e quello dei morti, segnalando in anticipo alle malcapitate vittime l'arrivo della sua presenza.
La disperazione intimista di stampo nichilista, che pervadeva in modo angosciante le tavole dell'opera di O'Barr, conferendo al fumetto un chiaro tono dark intriso di lirismo poetico, depurato di ogni coordinata spaziale, nonchè con figure di contorno sbiadite ed evanescenti, viene in gran parte meno, per lasciar spazio solo al profondo dolore vendicativo di Eric, il quale nella trasposizione filmica non può che essere stemperato da Proyas, che sente l'esigenza di ancorare l'opera ad un tono gotico, ricercato nelle tonalità sature di un rosso infernale di una Detroit sub-urbana allo sbando, dai chiari rimandi noir-cyberpunk alla Blade Runner (1982), le cui violente pennellate colorimetriche, inquadrate con uno stile vicino alle tendenze videoclip dell'epoca, comunque non scade mai nel video musicale, poichè il montaggio cerca sempre di trovare una ricerca dello stato d'animo disperato e lacerato del protagonista, alquanto addolcito nella sua follia post-mortem rispetto al fumetto, a favore di una figura più malinconica, sofferente anche per i legami ancora esistenti nei confronti della piccola Sarah, molto legata alla sua ragazza Shelly ed attualmente allo sbando per via della madre prostituta Darla totalmente assente dalla sua vita quanto del poliziotto di colore Albrecht, inviso ai suoi colleghi corrotti e menefreghisti per la situazione oramai degenerata nella città.
Meno dannata e più malinconica, così come i personaggi di Sarah e Albrecht resi dei veri e propri co-protagonisti, per dare quel tocco di luce necessaria in una pellicola che sceglie di abbracciare il gotico al posto del dark, Proyas lavora molto di estetica, scenografie e luci, facendo poco uso della CGI, adoperando molto i modellini per le panoramiche dall'alto, costruendo una città decadente, lercia ed in pezzi, dove le piccole fiammelle di luce (Sarah e Albrecht) vengono soffocate dal rosso infernale degli incendi, che puntualmente divampano una volta all'anno nella notte del diavolo (il giorno di Halloween), scatenati dai criminali al servizio del boss Top Dollar (Michael Wincott), tra l'altro responsabile dell'omicidio di Eric e di Shelly.
Con la faccia truccata da clown, un look punk e un corvo che lo accompagna sinistramente, Brandon Lee trova il personaggio della vita e purtroppo anche ultimo, per via della nota morte avvenuta sul set per un incidente con una pistola di scena caricata male, trasportando sullo schermo la lacerazione tagliente di un amore impossibile da troncare, elemento base insieme alla "maledizione del protagonista" (in tutti i sensi) che contribuirà al successo ai botteghini della pellicola. Grazie al corvo, Eric è riuscito a trascendere la condizione di morto, diventando mietitore spietato dei suoi carnefici con dotte citazioni tratte dalle poesie di Poe, Blake e Baudlaire, diventando all'occasione una sorta di "angelo" protettore per Albrecht per Sarah, alla quale restituisce la madre Darla, facendole vedere allo specchio lo squallore della sua vita, con una citazione lapidaria di Thackeray; "Madre è il nome di Dio nelle labbra e nel cuore dei bambini", ben amalgamata nella narrazione rispetto alle altre negli omicidi, che spesso sono buttate un pò lì tanto per fare il protagonista un'icona di default, quando invece rende meglio se dà sfogo alla sua anima malinconica da musicista rock n'roll; "Non può piovere per sempre", epitaffio con cui si cerca una via di uscita da un diluvio torrenziale, che sembra solo ammorbare l'aria invece di pulirla.
Nonostante la trasformazione in anti-eroe nella trasposizione filmica della figura di Eric Draven rispetto a quella folle ed amorale del fumetto, risultano un pò troppo moraliste e fuori dal personaggio certe didascaliche prese di posizioni contro la droga ed il fumo, se per la madre di Sarah ciò è giustificato dal fatto che ella ha una figlia a cui badare, alla lunga però finiscono con il renderlo un salutista, cosa che cozza con il suo essere un musicista rock, visto che nell'ambiente di tali band tali sostanze sono all'ordine del giorno.
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