Regia di Mario Lanfranchi vedi scheda film
Anna Moffo era già da qualche anno una star di livello internazionale; la soprano aveva per giunta sposato un regista Rai appassionato di lirica, Mario Lanfranchi: da tale connubio non poteva che nascere una parallela collaborazione artistica di discreto risalto. Ciononostante è difficile entusiasmarsi per questa Traviata (opera di Verdi da La signora delle camelie di Dumas) se non si è convinti e smaliziati melomani: il film è infatti poco più che la ripresa di un'esecuzione teatrale dell'opera, con tutte le difficoltà che ne conseguono per la comprensione delle parole e delle azioni raccontate, per chi invece non conosce a sufficienza l'opera stessa. Il baritono Gino Bechi è l'altra stella principale sul cartellone, ma tutto il cast è preso in massa dal mondo della lirica, senza nulla concedere alla resa cinematografica del lavoro; anche la fotografia dell'esperto Leonida Barboni e il montaggio di Gisa Radicchi Levi non hanno particolare spessore: tutto si appiattisce in funzione dell'esecuzione operistica. Lavoro per intenditori, cioè per un'elite, destinato però al grande pubblico cinematografico/televisivo: qualcosa, effettivamente, qui non va. Lanfranchi si riscatterà immediatamente dopo, girando il bizzarro spaghetti western Sentenza di morte. 5/10.
Storia di un amore impossibile, quello fra un galantuomo e una prostituta.
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