Regia di Paolo Cavara vedi scheda film
Unica incursione western di Paolo Cavara, abile documentarista e regista di spaghetti thriller, che qua tenta la via del genere avvalendosi del mostro sacro Anthony Quinn (l'indimenticabile Morgan de Ultima Notte a Warlock), al primo e unico spaghetti western dopo averne interpretati a decine negli States, e dello “specialista” Franco Nero. Gli ingredienti per fare un prodotto di buona qualità ci sono tutti, ivi compresi due nomi di un certo tenore alla sceneggiatura sebbene non soliti affrontare il cinema di genere all'italiana. Tra questi spicca Oscar Saul, reduce dal western di debutto di Peckinpah “Sierra Charriba”. Tante le legittime attese, eppure il risultato finale delude e delude non poco.
Cavara dimostra di non avere né i ritmi né il taglio richiesto e forgia un western molto lento, con poca azione, peraltro concentrata quasi del tutto nel prologo e nell'epilogo, e molte concessioni alla comicità. Quest'ultimo fatto è presto reso manifesto nella scena in cui Nero vede, da lontano, Pamela Tiffin fare il bagno nei pressi di una cascata. Rimasto colpito dal fondo schiena della ragazza e del neo che la stessa ha sul gluteo si avvicina, con fare maldestro, tra le fronde per poi arrivarle a ridosso. La donna non lo considera e se ne va. Nero, allora, torna sui propri passi e poi assicura a Quinn che la giovane avrebbe voluto andare con lui, ma in realtà e lui a non esserci stato. Poco dopo, giunto in città, in un saloon (dove Quinn simula, in modo assai goffo di esser ubriaco e dove scoppia una rissa per motivi assurdi), Nero vede un pittore intento a dipingere una ragazza nuda disegnata dalla prospettiva posteriore. Colto dal particolare del neo, Nero si avvicina per chiedere chi sia questa giovane essendone stato attratto a colpo d'occhio. Quando l'artista gli riferisce che è una “meretrice”, Nero salta felice da tutte le parti: “E' una puttana... è una puttana!”. Così si fionda fuori dal saloon subito intenzionato a consumare la propria fantasia, evidentemente conscio circa la possibilità di poter andare con la ragazza. Ecco, questo è il clima che si respira e che, probabilmente, porta sia Quinn che Nero non credere al progetto. I due infatti plasmano due personaggi macchietta che sembrano più adatti a un western comico. Quinn è un sordomuto che si fa capire a gesti, talvolta comici (tra sghignazzi ed espressioni di marcatissimo sbigottimento), si diletta inoltre a suonare lo scacciapensieri (!?); Franco Nero ne richiama l'attenzione scagliandogli sassi sulla schiena e si muove, con gesta acrobatiche da circense, regalando una serie di espressioni sopra le righe da giullare di corte. I due sono amici inseparabili, vivono una simbiosi che sfiora i contorni di una relazione omosessuale di natura platonica, come dimostra il finale in cui Nero propone a Quinn di andare a vivere con lui e con la prostituta che ha scelto per compagna di vita (Pamela Tiffin). Quinn rigetterà la proposta, mandando nel panico Nero (bello il fermo immagine che chiude il film), lasciandogli in ricordo l'orologio da taschino che il compagno, fin dall'inizio, tenta di sottrargli.
Ecco che abbiamo una caratterizzazione simpatica dei due, che ben potrebbe andare ma che mal si concilia col tenore della sceneggiatura che non è certo comica. Il soggetto gioca su un carico di armi tedesche acquistate da un Colonnello impazzito (l'insulso Franco Graziosi) che, insieme alla sua ciurma, brama di trasformarsi nel dittatore del Texas, scatenando guerra la Presidente Houston. Nero e Quinn, dopo aver studiato la situazione e aver frequentato i bordelli locali (altre scene esilaranti da western comico con Nero, tutto rigido, cacciato fuori da un buttafuori che lo alza da terra come si potrebbe fare con un attaccapanni di quelli mobili), si caleranno nel fortino del colonnello e ne scombineranno i piani, salvando la presidenza e garantendo la fedeltà dello stato del Texas al resto dell'unione. Tutto qui, portato avanti in modo scialbo e con poco gusto scenico.
Fanno eccezioni un paio di sequenze. La prima, seppur non innovativa (si pensi a western come Joko Invoca Dio... e Muori), in cui Quinn, rifugiatosi in una cava, affronta dei manigoldi eliminandoli uno a uno. Cavara metta in scena il tutto, giocando su un'oscurità totale rotta, unicamente, dalle fiammate delle colt con flash improvvisi, a ogni sparo, che mostrano quanto sta succedendo.
Divertente poi la sequenza finale con Franco Nero, lanciato nel genere da Django e dalla mitragliatrice con la quale uccide buona parte dei cattivi del film, che non riesce a far sparare una mitragliatrice tedesca e viene per questo allontanato da Quinn che, sostituendolo dietro all'arma, elimina tutti gli scagnozzi del Colonnello, mentre Nero salta da una parte e dall'altra alla stregua di un grillo. Troppo poco, ma soprattutto, a mio avviso, si respira uno squilibrio tra la coppia “comica” Quinn-Nero e il resto del film. Debole il villain di turno, contornato dalla solita rosa di caratteristi tra i quali Romano Puppo, Luciano Rossi (stranamente non sfruttato e marginale) e Adolfo Lastretti (tra i migliori) nei panni di un reverendo alquanto spiritato nelle sue filippiche. Non sfruttata la bella Ira Furstenberg che si limita al ruolo di comparsa.
Colonna sonora di Daniele Petucchi, ancora una volta da western comico, non all'altezza. A mio avviso, delude anche la fotografia di Tonino Delli Colli che opta per l'essenzialità dando toni opachi e piuttosto morti, invece di esaltare l'immagine. Dunque un western che nasce con pretese importanti, ma che scivola nei sottoprodotti per una resa tutt'altro che coinvolgente penalizzato dall'assenza di antagonisti di calibro e soprattutto da uno squilibrio tra il comico, rappresentato dal duo protagonista, e il drammatico, rappresentato da tutto il resto. Tranquillamente evitabile, ma c'è di peggio.
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