Regia di Ciro Ippolito vedi scheda film
A me non è piaciuto molto, nonostante che in suo favore si siano spesi illustri critici (secondo Kezich "un film sincero", secondo Grazzini "un film di un'ammirevole fedeltà al codice del patetico, nel suo genere poco meno che perfetto"). Si tratta di una specie di remake di Catene di Matarazzo (che già non mi sembra un capolavoro), ma la differenza in termini qualitativi si sente: qui è davvero tutto elementare, caricato all'eccesso, pesante e a tratti indigesto. Le sequenze di carattere comico almeno qualche risata la strappano e funzionano meglio delle altre, che ripetono senza novità temi tipici della sceneggiata napoletana e che non vengono riscattate dall'eleganza dello stile che aveva Matarazzo (Ciro Ippolito, invece, è un mediocre mestierante che avrebbe diretto perfino il film degli Squallor, Arrapaho). Merola è fedelissimo al suo cliché, Angela Luce funziona meglio come cantante che come attrice, Pupella Maggio se la cava grazie al suo grandissimo mestiere, ma si comprende che era un film alimentare anche per lei. A rivederli oggi simili polpettoni strappano anche la risata, ma, tenuto conto degli apprezzamenti che hanno suscitato, è bene non liquidarli in maniera troppo sbrigativa. Diverse le canzoni inserite nel corso della storia, fra cui "Je te vurria vasà", "Come facette mammeta", "Quanno nascette ninno a Betlemme" e perfino un brano di Beethoven nella scena-clou del confronto fra Merola e il perfido ingannatore che accusa la moglie di tradimento.
voto 5/10
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