Regia di Henry King vedi scheda film
Venezia 79. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.
Toc toc, la bacchetta batte leggera il metallo richiamando l'attenzione degli orchestrali. Vibrano, melodiose, le corde del pianoforte. Si li brano nell'aria i suoni dei violini, dei fiati, dell'unico contrabbasso. Sullo schermo corrono i primi titoli: i ringraziamenti al M.O.M.A., ai soldi di George Lucas, alla competente "regia" di Film Foundation che ha curato il restauro di "Stella Dallas" sotto l'egida di Martin Scorsese.
Quando appare lo stemma di United Artist sullo schermo siamo già dentro al film, e quando vediamo Stephen Dallas spingere la fidanzata Helen sull'altalena realizziamo, forse per la prima volta, che l'accompagnamento musicale non è impresso nella pellicola. Sotto il palco c'è un'orchestra di 15 persone che muove le braccia, gonfia i polmoni e spinge l'aria fuori dalle lebbra. Le luci soffuse, che illuminano i leggii, parlano di una presenza percepibile all'orecchio ma molto discreta. Siamo catturati dalle immagini in bianco e nero che riempiono lo schermo. Non può essere altrimenti. Sono immagini di un secolo fa ma splendidamente restaurate. Quando il regista Henry King inquadra la giovane Stella Martin in giardino siamo già nel vivo di un racconto scritto, sceneggiato ed interpretato da donne, come sottolineano i signori intervenuti alla presentazione del film. Una rarità nella Hollywood declinata al maschile degli anni venti. "Stella Dallas" è tratto dall'omonimo best sellers di Olive Higgins Prouty, è sceneggiato dalla due volte premio Oscar Frances Marion ed è interpretato dalla sfortunata Belle Bennet, diva del muto che morì nel 1932 a soli 41 anni. Stella, figlia del proletariato americano del dopoguerra ha messo gli occhi sul giovane Stephen Dallas, la cui vita è cambiata dopo il suicidio del ricco padre faccendiere. I due si sposano ma la differenza di classe che li separa rema contro il matrimonio. Nasce Laurel ma nemmeno lei riesce a tenere unito ciò che la mentalità chiusa e classista dell'epoca preferisce dividere. Stephen se ne va a New York mentre Stella rimane in provincia. Incapace di recuperare il rapporto che la lega al marito quell'orrenda e stravagante donna, come la definiscono gli amici di Laurel, cercherà, con tutte le forze, di elevare il rango della figlia nella società "perbene".
"Stella Dallas" è un feuilleton e per questo motivo ottenne un grandissimo consenso popolare nel 1925, anno della sua uscita. La sua protagonista, una donnetta sgraziata e digiuna di buone maniere, le difficoltà economiche dell'epoca e il classismo imperante garantirono l'immedesimazione del popolino abituato alle sbronze di Ed Munn piuttosto che alla vezzosa cerimonia del te tra Stella e le amiche.
Visto con gli occhi di oggi il film di King suscita sentimenti simili a quelli di allora ma con uno spirito d'osservazione più distaccato.
Commuove l'ostinata perseveranza di Stella nel voler sistemare la figlia negli ambienti altolocati di New York, quelli frequentati dal marito avvocato. Fa sorridere il plot rivolto alle sognatrici degli anni '20, spesso ignoranti, quasi sempre ai margini delle società, che sognavano il principe azzurro, un buon matrimonio e i lussi della ricca borghesia. Nella prima parte della pellicola il regista si sofferma sul disagio del proletariato urbano e sulle differenze di classe sociale pur mantenendo i toni tra il divertito e il romantico. Successivamente alla separazione dei coniugi l'impianto drammatico prevale rispetto all'indagine sociale. Direttrici scolastiche pettegole, amori impossibili, convenzioni sociali spezzano l'incantesimo. Stella è di nuovo Cenerentola ma lo spirito di sacrificio materno la rende forte e combattiva tanto da prendere le decisioni necessarie a garantire un futuro alla figlia. Il finale sotto la pioggia corrisponde al punto più basso della posizione di Stella nella società. Sola e in disordine guarda dalla finestra di Casa Morrison la figlia in abito bianco. Stella ha raggiunto il proprio traguardo e quello che vede è il riconoscimento di una strategia vincente che ha posto i doveri di madre avanti ai diritti di donna (e moglie felice).
Merita una citazione speciale il bianco e nero che vira verso sfumature viola, blu, gialle a consacrare l'autonomia narrativa di sequenze che abbracciano un lungo periodo di tempo. E colpisce al cuore la bravura di Belle Bennet che invecchia, si appesantisce, si copre di imbarazzanti piume, corsetti e crinoline senza mai rinunciare alla propria verace autenticità, come ogni donna abituata a sgomitare per racimolare qualche privilegio. Sul viso di Stella si chiude un'edificante storia d'amore materna. Poi resta lo scroscio di applausi per l'Orchestra che si alza in piedi per ricevere il proprio riconoscimento. Arriva infine sul palco Stephen Horn, compositore e musicista. Ha scritto lui le splendide musiche di "Stella Dallas" dopo un colpo di fulmine successivo ad una proiezione del film. Quel colpo di fulmine lo trasferisce a noi con tutto l'amore per il cinema che una partitura perfetta può contenere.
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