Regia di Otto Preminger vedi scheda film
Più abile che "riuscita" o profonda la figura di Diane, che non sembra molto "complessa" né "al di là del bene e del male" (Mereghetti): rimasta orfana di madre, morbosamente legata al padre e perciò gelosissima della matrigna con cui deve condividerlo; più in generale possessiva, lo sarà anche con Frank. Non so quanto sia psicologicamente verosimile, non mi pare cinematograficamente "riuscita", ma è chiara, abbastanza ovvia nel melodramma, dove si affianca tradizionalmente a una forte attrazione per la morte, per omicidi o suicidi. Per un errore provoca anche la morte del padre (oltre che della matrigna); il che spiega che sia sgomenta e pentita per ciò che ha fatto; vuole confessare e scagionare Frank che ne è coimputato, ma per far assolvere lui l'avvocato la convince a sposarlo e a non confessare nulla. L'abilità del regista, o più probabilmente una certa insicurezza dell'attrice, ha reso ambigua la sua intenzione di confessare e il suo pentimento. A sua volta la faccia da schiaffi di Mitchum, costantemente inespressiva con quegli occhi da pesce bollito, consente di attribuirgli i sentimenti più vari; l'unico che proprio il film impedisce di attribuirgli è il ruolo di perdente, addirittura "esemplare" per Mereghetti, che ha un critico che ama i perdenti e li riconosce ovunque con la bacchetta del rabdomante. Mitchum si è imposto proprio con quella faccia, e non chiedete a me perché piaccia tanto alle donne, ma è certo che non è una faccia da perdente: lui lo sa bene e se ne pavoneggia; lo sa bene anche la fidanzata, gli sbava dietro anche se lui continua a fare il dongiovanni con altre, e solo alla fine, rifiutata e spinta tra le braccia di un altro, si deciderà a restare fra quelle braccia dicendo chiaramente che lo fa per non continuare a soffrire e lottare per recuperarlo ogni volta; insomma, gli ha dato un benservito di seduttore di successo. Se non capisco il successo dell'attore fra le spettatrici, ancor meno capisco quello del povero infermiere presso la ricca e bella ereditiera; ma tant'è, all'amore non si comanda mai nei melodrammi di Holliwood; del resto la povera ragazza, dopo aver ucciso il padre, non ha più nessuno cui attaccarsi: si attacca a lui; pentita di ciò che ha fatto e generosamente innamorata, anche lei gli dà un ottimo benservito, la sua auto sportiva per convolare ad altre nozze; ma quando lo vede tornare respinto, rimasto anche lui solo, non ha motivo per non pensare che la vita ormai sia per lui tragedia come lo è per lei, e non esita a regalare ad entrambi la felice conclusione di ogni amore impossibile.
Resta un film di serie B, ma grazie ad una felice combinazione di molte inespressività o inconsapevolezze, di regista e di attori, acquista un certo fascino; certo, il regista non è l'ultimo venuto, ma forse lo è stato nel film; l'ironia non era la sua musa, ci sapeva fare nel creare tensione, non nell'allentarla con il sorriso; credo che abbia consapevolmente sfruttato le ambiguità espressive dei suoi attori per accentuare la tensione, ma senza porsi troppi problemi di approfondimento psicologico.
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