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Il corvo

Regia di Henri-Georges Clouzot vedi scheda film

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La recensione su Il corvo

di EightAndHalf
8 stelle

Il corvo porta cattive novelle. Dentro le sue lettere esplosive stanno i segreti degli abitanti di un paesello in cui la piccola e media borghesia ha un controllo morale e ipocrita sui comportamenti e sugli atteggiamenti. Un piccolo luogo insignificante in cui tensioni erotiche, passionali, folli, disastrose, sono soffocate da un buonismo pseudocristiano in cui tutti fanno finta di non sapere nulla l'uno dell'altro, o in cui tutti sanno tutto di tutti ma ne sanno abbastanza l'uno dell'altro da ricattarsi a vicenda, minacciarsi, girare in tondo nel contrasto spocchioso di avvenimenti celati, accadimenti sottili, scandali prevedibili. Ed è come se tutto vorticasse inutilmente all'infinito, almeno finché il nero pennuto, in toni ironicamente mortuari, è in grado di spezzare il percorso e scatenare una sorta di catastrofe delle coscienze in cui quelle consapevolezze reciproche diventano armi a doppio taglio per ostacolare l'altro, in un'arena in cui nessuno è innocente. Il cinismo di Clouzot, in Il corvo, raggiunge vette spropositate specialmente per l'epoca, poiché non si lascia speranza per nessun personaggio né si vede possibile un serio lieto fine, perché è tutto solo un modo per tornare a una quiete originaria che è di nuovo l'ipocrisia vitale per un intero ceto sociale. Non c'è niente di diverso, nel film di Clouzot, da tutte quelle immissioni irrazionali nella razionalissima borghesia di facciata che il cinema ha saputo evocare in tutta la sua storia, e anzi il film di Clouzot è uno dei primi film a concepire a tavolino un maniera nuova di smascherare e di scoprire, attraverso un percorso che si rivela utile anche ai fini di un tono teso e inquietante di mistero. Il giallo si incontra con il dramma, e Clouzot come un abile intagliatore rifinisce tutti i sottotesti necessari a comprendere il punto di vista di ogni singolo personaggio, altrettanto interessato a non far scoprire niente di sé e allo stesso tempo sempre tentato dalla voglia di smascherare gli altri, anche se rimanendo fuori dallo sconvolgimento. Ecco perché Il corvo, anche se "finisce", non procura un lieto fine: perché quella scintilla di irrazionale smascheramento parte da uno degli stessi borghesi protagonisti, così da ingigantire ancor di più quel pericoloso errabondo cerchio di menzogne e semplicemente mettere in chiaro la maniera di esistere di alcune persone spietate e prive di qualunque altro interesse se non quello di immaginare bene e giustizia e poi farsi tentare in privato da passioni sul punto di esplodere. Il male vero dei protagonisti del film è che negano la loro stessa umanità, in nome di una civiltà dalle fragile fondamenta. Purtroppo il punto di rottura sembra solo l'inizio di una nuova fine, troppo lunga, in cui siamo invischiati tutti.
Da ciò deriva il fatto che Clouzot non prenda posizione, né a favore del Corvo, che causa morti e disperazioni, né a favore degli eroi, con un protagonista interpretato da Pierre Frasnay che più antipatia non potrebbe destare. La trama non suona mai programmatica, e tutto si mantiene sul filo del rasoio fino a momenti di grande enfasi cinematografica, come le rivelazioni sotto una lampada che traballa, o come la caduta di una delle lettere del corvo nel bel mezzo di una messa, con la lenta carrellata che inesorabile è "tentata" dall'osservare la lettera ma non vuole mischiarsi alla massa di individui che vi si lanciano incuriositi. Clouzot non si mischia ai suoi personaggi marci, il suo punto di vista è al di qua, mai moralista, mai realmente distante, ma quasi sempre pessimista per tutti e quindi anche per se stesso.

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