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Il corvo

Regia di Henri-Georges Clouzot vedi scheda film

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La recensione su Il corvo

di Stefano L
10 stelle

Il corvo. La recensione del film di Henri-Georges Clouzot

 

Noir immortale di Clouzot, girato durante il dominio del Terzo Reich in Francia, ancora oggi invalicabile nelle eccezionali tecniche di regia. Un aspro ritratto dell'ethos falsamente perbenista, corrotto e crudele di un'epoca dispotica. È semplicemente incredibile che Clouzot sia riuscito a ultimare questo film sotto l’occupazione del nemico. La pellicola è un attacco diretto all’ambiguità della "società informatrice" e alla scarsa predisposizione della popolazione a partecipare alla Resistenza. Il racconto si apre con l’entrata in scena del dottor Remi Germain (un intenso e carismatico Pierre Fresnay), un uomo accigliato e severo, un po’ scorbutico, che non ama i bambini (sebbene si mostri molto professionale con i suoi pazienti); ha una sibillina amicizia con la bella Laura Vorzet (Micheline Francey), la moglie di un anziano psichiatra (Pierre Larquay). La sorella di Laura, un'infermiera diffidente, percepisce un'intesa fra Germain e la consanguinea, palesando un’ostilità costante. A completare un quadro così complicato si unisce Denise (Ginette Leclerc), innamorata di Germain, e mai ricambiata. Germain, intanto, è perseguitato da un torbido mittente di lettere anonime, il quale tormenta la sua ortodossa quotidianità. Si innesca così una reazione a catena, al termine della quale Germain dovrà rivelare il suo passato oscuro. Ad un certo punto questa vicenda può essere interpretata come un’analisi antropologica sui valori delle piccole comunità, la quale non solo deride la mentalità di provincia, ma esprime soprattutto il profondo pessimismo di Clouzot verso l'umanità: gli abitanti di Saint-Robin sembrano non dedicarsi a nient'altro che non sia spiare e odiare i compatrioti, condividendo una profonda sfiducia reciproca. Il calunniatore, che si firma con l'appellativo "Le Corbeau", accusa i cittadini di varie oscenità. Centinaia di persone credono alle diffamazioni vergate su carta; si verifica quindi una sorta di pericolosa epidemia, la quale alimenta le fantasie febbrili e viziose degli abitanti di Saint-Robin. A causa di queste insinuazioni spacciate per verità, le rappresaglie e le vendette personali verranno intraprese senza riflessione o esitazione, mettendo sempre più a repentaglio la pubblica sicurezza… L'indeterminatezza fra il bene ed il male viene orchestrata con un gioco di luci ed ombre avvenente ed agghiacciante, specialmente nella magnifica sequenza in cui il machiavellico raffronto tra i due concetti sarà espletato dal dottor Verzet in uno dei più inquietanti frangenti (il pauroso dialogo con il lampadario in movimento, poi imitato in altri lungometraggi d'indirizzo horror/thriller). Il plot, dalle connotazioni del classico giallo, è sostenuto da una sceneggiatura dai contrassegni volutamente paranoici; caratteristiche in grado di rispecchiare egregiamente il turbolento animo transalpino prima che ebbe luogo la Liberazione di Parigi in seguito alla battaglia contro le armate naziste. Dalla forca caudina non viene risparmiato proprio nessuno, tanto che il sospetto sull'identità del possibile diffamatore cadrà sull'intera collettività, fino ad arrivare ad un epilogo in cui la scoperta di questo losco individuo che ricatta la gente lascerà parecchi dubbi (diciamo che l’astante si farà una vaga idea; rimarrà comunque un margine di incertezza). “Le Corbeau” è uno degli spaccati più disperatamente cinici mai realizzati, una visione brillante e orribile della follia antropica. Un vero capolavoro del vecchio cinema europeo. Clouzot manipola abilmente le impressioni dello spettatore, il quale, simultaneamente, si sentirà come una vittima impotente; la storia centrale, per la maggior parte del tempo, mantiene una suspense avvolgente e travolgente.

 

 

 

 

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