Regia di Oliver Stone vedi scheda film
https://www.youtube.com/watch?v=YO82u7CKj1k
Prima di C.Eastwood e del suo doppio “reportage” di guerra (da ambo i fronti del II conflitto mondiale) ci aveva pensato già O.Stone a scrutare ai raggi X, da due opposti angoli visuali, il medesimo tema. Dopo Platoon (che ci aveva portava nel bel mezzo della guerra del Vietnam) e Nato il quattro luglio (che ci aveva mostrato quali fossero stati gli effetti della medesima sul soldato americano) - Gangs 87 - Stone propone la prospettiva scomoda degli oppressi; quelli condannati ad essere eternamente in sospeso fra due mondi distanti (quando non letteralmente schiacciati tra cielo e terra)…
Fra Vietnam del Nord e Vietnam del Sud.
Fra i rossi Viet Cong ed i c.d. “consiglieri militari” (solo nei primi tempi) americani.
Fra un padre affettuoso e comprensivo ed una madre severa e patriottica.
Fra la sorella immolata sull’altare della causa americana ed il fratello dato in sacrificio ai propri consanguinei.
Fra l’invidia del proprio popolo e lo scherno del paese d’adozione.
Fra sfruttamento e commiserazione.
Fra karma buddista e croce cristiana.
Fra le pastoie del genere (essere donna, ovvero oggetto sessuale, serva, casalinga, moglie e madre) e l’anelito di emancipazione…
Fra la premura maritale e la violenza schizoide dell’aguzzino.
Fra la povertà, in un oasi di privilegio, ed il benessere, nella miseria dilagante.
Fra cielo e terra, come tra il giorno (che alimenta i germogli di riso e di vita tutta) e la notte (che ghiaccia i cuori e copre i più gravi delitti dell’umanità).
Ma com’ è difficile cogliere tutta l’intensità e la precarietà di quell’incontro/scontro (che solo in natura si ripete ciclicamente, senza timore dell’ansia da prestazione e senza l’illusione di facili spiegazioni).
Oliver Stone torna sul “luogo del delitto”, ma stavolta ne fa un acquitrino dove impantanare un malinconico “melodrammone” d‘altri tempi (alterna il voice-over della protagonista a quello – almeno nella versione italiana – di un narratore esterno e si dota di uno scomodissimo formato con rapporto 4:3), di quelli che arrancano pesantemente dalla prima all’ultima inquadratura (vuoi per numero di tragedie sentimentali inscenate, vuoi per la contorta concatenazione degli eventi, vuoi, infine, per l’insistenza di una retorica di facile presa).
Poco male, comunque; la sua cinematografia successiva ha (quasi sempre) conferito nuovo lustro al suo fiuto di narratore d’eccezione, mentre, stante quella ad esso (Heaven & Earth) precedente… beh, ha già dimostrato di potersi permettere praticamente ogni cosa.
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