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Inseparabili

Regia di David Cronenberg vedi scheda film

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La recensione su Inseparabili

di LorCio
8 stelle

Non se ne esce bene da Inseparabili. È un film che fa male. Se andate alla ricerca di un film che vi faccia rilassare, non vedete questo: confonde. È di una bellezza ostinata e dolorosa: disturba. Non solo per cosa racconta, ma per come lo racconta. Essendo provetto regista dell’horror più irrequieto, Cronenberg sa bene dove battere al fine di suscitare il ribrezzo rapito dello spettatore. Qui non si abbandona all’effetto per colpire visivamente; lo fa pure, non di rado (penso a quella scena in cui i due gemelli sono a letto con l’attrice e l’uno si coagula all’altro), ma preferisce suggestionare attraverso l’azione cerebrale. Ad un certo punto del film cominci a non distinguere più chi sia Elliot e chi Beverly: entrano in gioco quelle strambe dinamiche di caos intestino che impediscono di attestare una verità certa, risoluta, inappuntabile. In Inseparabili c’è tutto tranne che l’inappuntabile: o meglio, ci sarebbe pure, ma è inspiegabile – ed è peggio. Comprendere alcuni passaggi, oltre che arduo, è astruso: l’atmosfera che avvolge il film di Cronenberg è enigmatica e maledettamente affascinante, tremendamente sospesa tra inquieti incubi infantili ed evocazioni di matura perversione, ostinata nella angosciante rappresentazione di un inconscio insanamente incerto.

 

La manifestazione dell’inconscio e delle sue oscure ansie si presenta in varie forme, sia come iconografici titoli di testa, immersi in un terso rosso di spietata paura, sia come stravaganti attrezzi medici (che implicano il credere che una donna possa avere un amplesso con un mutante, dunque la certificazione di una deformazione congenita – non solo nella vagina della donna, ma anche nella convenzione comune, che non concepisce l’amplesso tra una donna e un mutante), sia nello sviluppo della narrazione… Ma in realtà è tutto il film a portare con sé un’estrema, disperata, profonda attestazione di uno scombussolamento dell’inconscio dei personaggi che abitano lo schermo con l’inadeguatezza di chi non si sente del tutto parte di questo mondo. Lancinante come sanno essere solo le visioni realistiche del dolore, terribile come riescono ad essere certi racconti di Kafka, commovente quanto un mèlo di struggente potenza (l’addio, la separazione degli inseparabili ha connotati tragicamente toccanti): Cronenberg colpisce, può piacere o meno, ma colpisce. Disturba con un film di sgradevole fascino, diretto in maniera insinuante, recitato con sofferta, ambigua, malinconica lucida sensibilità da un Jeremy Irons (doppiamente) immenso in un film che vale una carriera. Alla ricerca delle/a identità smarrite/a, per completare se stessi, con la paura di perdersi.

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