Regia di Richard Marquand vedi scheda film
”Eye of the Needle” è un war-movie caliginoso e dalle atmosfere soffuse, in cui il silenzio risulta più inquietante delle conversazioni; Donald Sutherland alias Henry Faber, un delatore tedesco, ha il compito di comunicare alla Germania le strategie d’attacco della Gran Bretagna, mettendone in luce i possibili espedienti tattici per confondere l’avanzata nemica. Il profilo che ne viene delineato rappresenta uno psicopatico introverso, senza rimorso, pronto ad eliminare freddamente qualsiasi individuo che gli fa da intralcio. Gli occhi di ghiaccio dello sguardo tagliente di Sutherland, nonché la brutalità efferata con cui si scaglia sulle vittime, gli attribuiscono una parvenza ambigua ed imperturbabile che calza a pennello alla maschera tratteggiata. La trama, una sagace commistione fra spionaggio e risvolti sentimentalisti (non svenevoli), si ispira ad un romanzo molto apprezzato di Ken Follet, restituendo allo spettatore la stessa aura brumosa e sordida della storia vergata su carta dall’autore gallese. È da ammirare il fatto che questo antieroe, nonostante l’indole crudele ed improba, non dia completamente la sensazione di essere influenzato pesantemente da un patriottismo passionale. Non sono molti, difatti, gli accenni al partito nazista, e le sue gesta danno l'impressione che siano effettivamente virate alla salvaguardia di se stesso, e non a quella del popolo a cui appartiene; Richard Marquand e il fotografo Alan Hume lo introiettano in un paesaggio scabro, incessantemente nebbioso, caratterizzato da un’illuminazione quasi perennemente aspersa nelle nuance, ma altresì capace di centellinare diligentemente i caratteristi ed i relativi comprimari in scenografie urbane/rupestri/rurali assolutamente consietudinari, per quanto dall’aspetto costantemente ostile. A non convincere realmente sono certe digressioni del modus operandi di Faber, le quali gli consentono di districarsi troppo agevolmente da situazioni dove è braccato drasticamente dagli agenti che gli danno la caccia, ed in cui non pare esserci concretamente una tangibile via d’uscita. Poco comprensibili anche alcuni frangenti nei quali i servizi segreti, con stratagemmi di dubbia attendibilità (il sopralluogo in fin dei conti casuale su uno dei treni diretti per Glasgow, il riconoscimento del loro bersaglio attraverso l'ispezione dei vecchi album d’accademia), riescono a identificare e seguire le orme di Faber. Ampolloso nelle performance e veemente nella violenza grandguignolesca il pre-finale amletico (“il conflitto è giunto solo a noi due”) con la melense, ma espressivamente ragguardevole nelle prese di posizione, Kate Nelligan.
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