Regia di Richard Marquand vedi scheda film
Con mio sommo rammarico ho visto profilarsi durante la fruizione la delusione, confermata in un'irrevocabile maniera all'appropinquarsi dell'ormai scontato finale. Credo dunque di trovarmi in disaccordo con l'entusiasmo generale, che mi sembra di poter dedurre dal plebiscito di riscontri positivi. Non che vi sia nulla di male nell'andare controcorrente e anzi mi auguro che la mia opinione possa invece dimostrarsi utile a qualche altra eventuale mosca bianca fra gli spettatori occasionali (e non), cagionando il coraggio per nuove similari prese di posizione di analogo parere.
Il film è articolato in un connubio fra due anime di qualità discontinua, ossia esordisce come un'iniziale discreta storia di spionaggio, che però in seguito si tramuta purtroppo in uno scialbo thriller/melodrammatico. Ci si fosse limitati alla prima parte, pur con qualche difetto di inverosimiglianza, il risultato sarebbe stato senza dubbio apprezzabile. Al contrario, l'ultima ora abbondante è dedicata a un profondo cambio di genere, peraltro secondo un intreccio scadente e irritante per i suoi tanti cliché. L'ingenuità e l'inettitudine regnano sovrane e governano l'agire della quasi totalità dei personaggi, escluso per forza di cose lo scaltro protagonista. La logica e l'intelletto abbandonano menti e corpi, i quali si lasciano cullare sui binari prestabiliti. Il problema non è l'assenza di tensione (perché essa si avverte, nonostante tutto) o il ritmo alquanto blando. No, la critica principale è proprio al peccato più grave dello smarrimento del senso del ridicolo, a causa del mancato rispetto della legge di natura che sovrintende all'istinto di sopravvivenza e di conservazione. Sarebbe come se i topi agognassero le grinfie del gatto oppure gli agnelli aspirassero alle fauci del lupo!
Non ho letto l'omonimo romanzo di Ken Follett, di cui quest'opera dovrebbe essere la trasposizione. Sospetto però che ciò sia un bene e che il mio giudizio sarebbe altrimenti stato ancor più severo e impietoso. Sbaglierò nella mia sensazione, ma avverto l'impressione che il libro avrebbe consentito una maggiore empatia, una più profonda ricerca del dettaglio, una migliore caratterizzazione e narrazione.
1944. Mancano poche settimane al D-Day. Per sviare l'attenzione dei tedeschi dalle coste della Normandia, dove avverrà lo sbarco, gli Alleati hanno radunato una finta armata nella regione dell'East Anglia. Il depistaggio sembra funzionare, ma un agente tedesco scopre la messinscena. Senza che il Servizio segreto britannico si sia mai accorto della sua pericolosa presenza, sono ormai parecchi anni che vive a Londra in incognito. Il suo nome in codice è l'Ago ed è stato scelto personalmente dal Furher.
La sceneggiatura, almeno la sua seconda metà ma forse nella sua interezza.
Il ferale e gelido calcolatore Henry Faber, il meticoloso agente tedesco Ago.
La svampita Lucy Rose, esemplare di vittima classica e prediletta.
Il ferale e gelido calcolatore Henry Faber, il meticoloso agente tedesco Ago.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta