Regia di William Friedkin vedi scheda film
La storia del Cinema è stata spesso contraddistinta da film conosciuti e citati anche oltre i loro effettivi meriti e da altri film, invece, veramente meritevoli ma indebitamente caduti nel dimenticatoio. Inutile dire che "Sorcerer" appartenga (purtroppo) a questa seconda categoria e, francamente, appare quasi un paradosso: uno dei film dove William Friedkin ha avuto maggior libertà creativa rappresenta una delle sue opere meno conosciute ed altrettanto meno viste. Sono diversi i motivi che hanno portato il film, al momento della sua uscita in sala, a trasformarsi in una debacle commerciale: costato molto (22 milioni di dollari dell'epoca, spesi però bene per una messa in scena potente), "Sorcerer" non poteva attirare il grande pubblico nel suo essere così cinico e politicamente scorrettissimo, così come ebbe la sfortuna di incappare, una settimana dopo la sua uscita, nella programmazione in sala del primo film della saga di "Guerre Stellari", che vampirizzò tutto il pubblico pagante. Risultato: ancora oggi "Sorcerer" appare come "un oggetto" sconosciuto ai più, anche se apprezzato dal mondo cinefilo; qui in Italia non è mai esistita una edizione home-video e gli ultimi passaggi televisivi risalgono ad un sacco di anni fa su qualche emittente privata. Senza contare - ulteriore tegola sulla testa del film - che la sua diffusione nel corso degli anni è stata ulteriormente limitata a causa di beghe legali tra la Paramount e la Universal, che all'epoca co-finanziarono l'opera. Appare perciò un giusto risarcimento che, alla Mostra del Cinema di Venezia 2013, in occasione della premiazione con il Leone alla Carriera a Friedkin, sia stata proiettata la versione restaurata di questo film, mostrato finalmente in tutta la sua grandiosità e fuoriuscito dalla nebbia dell'oblio nel quale era precipitato da troppo tempo. "Vite Vendute" di uomini perdenti: Friedkin, di base, parte dalla medesima storia del film di Clouzot, ma il suo non è un riduttivo remake, ma una sua versione estremamente personale della medesima vicenda. Quattro uomini si ritrovano in un infernale paesino del Sud-America degno di un girone dantesco (non ne sono certo, ma parrebbe nella Repubblica Dominicana) a causa del loro passato: Scanlon (Roy Scheider) è un piccolo rapinatore che assalta una chiesa in New Jersey per trafugare le offerte dei fedeli, il cui prete è il fratello di un boss mafioso; Manzon (Bruno Cremer) è un bancartottiere parigino in fuga dopo il suicidio del socio; Kassam (Amidou) è un terrorista palestinese che ha fatto esplodere una bomba nel centro di Gerusalemme. Ai tre uomini, che ora si fanno chiamare rispettivamente Dominguez, Serrano e Martinez si unisce anche Milo (Francisco Rabal), un killer di professione. Non potendo tornare alle loro vite precedenti, ma vessati dalla terribile esistenza nel paesino-favela, i quattro vedono come via d'uscita la forte ricompensa che spetta loro nel portare sei casse di nitroglicerina, su due camion, ad un pozzo petrolifero in fiamme, attraversando 200 miglia di impervia giungla. Friedkin ha una visione d'insieme di ampio respiro, girando il film nei veri luoghi dove è ambientato, così come la ricostruzione del paese sudamericano è curata in modo dettagliato, in modo da far emergere un ambiente umido e soffocante. Se nella prima metà del film conosciamo i protagonisti e le loro vite, tutta la seconda parte è contraddistinta dal viaggio dei due camion (ribattezzati "Peligro" e, appunto, "Sorcerer") e rappresenta un'autentica discesa negli inferi dell'"inferno verde" della giungla: i nostri "eroi" sono costretti ad attraversare ponti pericolanti, farsi largo tra la fitta vegetazione, eliminare ostacoli sul loro cammino, quasi perennemente "vessati" da una pioggia battente ed incessante. Friedkin costruisce delle scene potentissime e tesissime, indelebili per lo spettatore; la missione, per i quattro protagonisti, diventa una sorta di scontro all'ultino sangue contro un Natura feroce ed implacabile, che li mette di fronte a prove sempre più ardue. Non sbaglia chi ha paragonato il film - almeno per il rapporto uomo/natura - alle opere di Werner Herzog, così come lo stesso Friedkin, date le difficoltà logistiche nel girarlo, ha definito la pellicola come "il proprio Apocalypse Now". Una delle sequenze più famose è sicuramente l'attraversamento del ponte di corde sotto un diluvio incessante: un autentico esercizio di tensione e spettacolarità che ancora maggiormente dimostra la temerarietà di Friedkin, il quale è riuscito a girare un film complesso in un'epoca dove la computer graphic era praticamente assente, dovendosi affidare all'eccellenza degli stunt e delle scene girate dal vivo. Una volta morti lungo il viaggio i suoi compagni, l'unico sopravvissuto è Roy Scheider ed il film cambia ancora registro: abbandonata la giungla, Scheider si ritrova con il suo camion in un ambiente arido e lunare, quasi sovrannaturale: il tono del film si quasi allucinato e Friedkin ci mostra i ricordi disperati del protagonista (l'incidente d'auto ad inizio film, i momenti più duri del viaggio nella giungla), mentre in sottofondo rieccheggia la risata sardonica di Francisco Rabal prima di morire. Friedkin mette in atto tutto il suo cinismo e pessimismo descrivendo innanzitutto la bruttura della natura umana: i quattro protagonisti, nel loro paese d'origine, sono tutto fuorchè eroi; Friedkin, poi, mostra come la prova più pericolosa e mortale per i suoi protagonisti sia proprio l'incontro con i guerriglieri locali (nel film di Clouzot, invece, c'era la sequenza del lago di petrolio). Ma è tutto il film che trasuda questa sfiducia verso gli uomini: basti vedere, per fare un altro esempio, nella sequenza della rapina in chiesa, durante il matrimonio, come la macchina da presa indugi proprio sulla sposa, niente affatto felice e con un occhio pesto già il giorno delle sue nozze. Nel finale Scheider appare demoralizzato e demotivato, il fantasma di se stesso; non avendo il tempo neppure di godersi i soldi della ricompensa (il tanto agognato "salario della paura"): il suo passato, inesorabile, si ripresenta pronto a "battere cassa". Grande anche la scelta di incorniciare la storia con le musiche cupe e digitali dei Tangerine Dream, autori dell'intera colonna sonora, fortemente evocativa dell'atmosfera del film. Insomma, "Sorcerer" merita un adeguato recupero, perchè è la dimostrazione ideale del talento e dell'impetuosità registica di William Friedkin, regista quasi mai banale, costretto a girare anche film non nelle sue corde (personalmente reputo "Pollice Da Scasso" e "L'Affare Del Secolo" storie non degne della sua grandezza) e conosciuto dal pubblico solo per pochissimi titoli (il sempre citato "L'Esorcista"), quando in realtà Friedkin ha sempre avuto molto di più da raccontare, come dimostra tutta la sua filmografia e "Sorcerer", da questo punto di vista, è un tassello basilare. Imperdibile.
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