Regia di William Friedkin vedi scheda film
Non esagererei con l’importanza di questo film. Quando anche Daniela Catelli dice che Il salario della paura rappresentò per Friedkin ciò che Apocalypse Now rappresentò per Coppola, penso che si debba intendere che, come gli americani nel Vietnam, il regista di Chicago, inaspettatamente dopo due enormi successi, vi s’impantanò. La parte più riuscita del film è, a mio parere, l’inizio, nel quale vengono introdotte le vite dei quattro protagonisti, i quali, dopo il prologo, sembrano già morti che camminano: tutti e quattro, infatti, hanno causato, più o meno volontariamente, la morte di qualcun altro. Dopo questa premessa, questi quattro uomini non hanno più niente da perdere e tuttavia, come spesso succede nel cinema di Friedkin, riescono a perdere, con dignità, tutto. 6½
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