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L'uomo di Alcatraz

Regia di John Frankenheimer vedi scheda film

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La recensione su L'uomo di Alcatraz

di Baliverna
9 stelle

Erano gli anni d'oro di John Frankeheimer, quando sfornava un grande film dopo l'altro. Questo è anche una scommessa, perché far marciare bene per due ore e mezza una storia interamente ambientata in una prigione non era certo un'impresa semplice. Il regista, però, con una narrazione sapiente e solida, ricca di annotazioni psicologiche sui personaggi, costruisce il ritratto di un uomo e del suo interessante percorso morale. All'inizio è violento e irrascibile, uccide per poco, è morbosamente attaccato alla madre, la quale a sua volta lo considera sua proprietà. E' inoltre ribelle ad ogni regola, sia della prigione che di comportamento tra persone civili, e soprattutto è egoista. Poi la scoperta di una passione, la dedizione, il lavoro alacre e costante, la scoperta dell'umiltà e della gratitudine, ed ecco che un avanzo di galera buono a nulla diventa un uomo capace di fare del bene a se stesso e al prossimo (oltre che agli animali).
A questa storia vera Frankenheimer conferisce anche un indubbio messaggio positivo: anche il criminale più incallito e pericoloso, se si crede in lui e se lui stesso ci mette la buona volontà, può redimersi e diventare una brava persona. Un ruolo essenziale in questo cammino lo ha il lavoro, inteso nel senso più nobile della parola: esso può essere passione e vocazione, quando ognuno di noi ce ne ha una. Da qui si può permettersi anche una più ampia riflessione sul senso del carcere e sull'importanza del lavoro per la vita dei detenuti. E' fuor di dubbio, infatti, che passare in cella una giornata dopo l'altra senza fare nulla debilita e le persone e ne ferisce la dignità. Se alla completa inattività aggiungiamo le condizioni disagevoli della vita in prigione e la crudeltà del personale, allora si capisce perché il carcere non rieduchi, ma incattivisca.
Tornando al film, tra i personaggi collaterali va sicuramente ricordata la madre del protagonista interpretata da Thelma Ritter, un'attrice che non fu mai diva ma che ci ha regalato una buona interpretazione dopo l'altra. Nella parte di un vicino di cella troviamo Telly Savalas in versione pre-Kojak; il suo personaggio è tragico e comico assieme. E' da vedere, infatti, quando si emoziona per la nascita degli uccellini, neanche fossero figli suoi. Come a dire che in galera, dove uno è privato di tutto, anche un evento quasi insignificante assume grande importanza e praticamente si trasfigura. Bravo anche Karl Malden, nel personaggio complesso del direttore. Lancaster, non più giovanissimo, torna ai fasti di quando interpretava grandi noir.
E' un film originale e che colpisce; da vedere.
PS - Attenzione: recentemente è stata messa in circolazione in TV (vedi LA7) una versione pesantemente tagliata, quando una volta passava quella integrale. Non sarebbe il caso di piantarla con questi trucchetti?

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