Regia di Luigi Comencini vedi scheda film
Come dire: il lato autentico e crudele dell'8 settembre, giorno in cui l'improvviso armistizio semina sconcerto e disorientamento in mezzo alle truppe italiane. Lo storico evento, lungi dall'essere il preavviso della fine della guerra, o magari – come taluni sono portati a pensare – un anticipo di pace, è, invece, un impensabile incubo che si scatena: quello dell'alleato tedesco che, d'un tratto, diviene un micidiale nemico in casa, in agguato ad ogni angolo di strada. Per i nostri soldati l'aut aut, oltremodo avvilente, è tra l'ottusità e la vigliaccheria; il disumano dilemma è se andare, stupidamente, incontro al massacro, o abbandonare armi e compagni per darsi alla macchia. Gli ideali patriottici (o presunti tali) e la morale (o, meglio, il codice d'onore) del combattente perdono senso e si dissolvono, mentre l'Italia è in ginocchio, il fronte interno, squallidamente, si divide, e intanto le deportazioni verso i campi di sterminio si intensificano. La lotta per la sopravvivenza fa venir meno la lealtà: ecco che allora la scelta di rischierarsi, da una parte o dall'altra, è, per molti, l'unico modo per continuare a credere in qualcosa, e poter ancora lottare per una qualche causa. Protagonista indiscusso del film è l'immane sfacelo che travolge, indistintamente, civili e militari; Comencini ritrae un'umanità allo sbando, né eroica né pavida, che – contrariamente a quanto avviene ne "La pelle" di Curzio Malaparte – non sa nemmeno ritirarsi nell'abiezione, ma, più banalmente, si smarrisce dietro alle tante miserie quotidiane. "Tutti a casa" è un titolo spietatamente beffardo per una storia in cui la fuga è infinita, irta di insidie, senza rifugio, né speranza, e il ritorno alla normalità è un puro e semplice miraggio. Un film terribilmente, e desolatamente, amaro.
La sceneggiatura (firmata da Comencini con Age, Scarpelli e Marcello Fondato) ama indugiare sui tempi morti dell'azione e del sentimento, in cui gli individui sono come anime nude e fuori ruolo, armate solo del proprio essere. In quei momenti la guerra è lontana mille miglia, e non c'è retorica (bellicista o pacifista) che tenga: gli uomini sono uomini, sono loro stessi, punto e basta. Ogni dramma vuole i suoi personaggi, ma questo film è tutta un'altra storia: non ha messaggi od emozioni da trasmettere, né, tanto meno, tipi da raffigurare. E per una volta mi vien da dire: evviva.
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