Regia di Ivan Reitman vedi scheda film
Un uomo qualunque, che conosce i problemi della gente comune, va alla Casa Bianca: il sogno di Capra diventato realtà. Però di Capra resta solo lo spunto di partenza: questa è una commediola discreta, abbastanza abile, ma sostanzialmente innocua. Vuole rassicurare a tutti i costi e nemmeno tenta di fare un discorso serio sull’essenza del potere: se il capo è un delinquente il vice deve però essere una persona onesta, secondo un trito luogo comune (mi viene in mente una battuta attribuita a Mark Twain: “C’erano due fratelli gemelli: uno fece naufragio in un’isola deserta, l’altro diventò vicepresidente degli Stati Uniti. Di nessuno dei due si seppe più nulla”) a smentire il quale basterebbe Cheney. È un film figlio del suo tempo, ossia l’inizio dell’amministrazione Clinton: come favoletta funziona, ma l’ottimismo e la fiducia, specialmente col senno di poi, appaiono forzati ed eccessivi (il bilancio dello stato rimesso in ordine da un amico ragioniere, ma via...). Più interessante, anche se poco sviluppato, il versante commedia sentimentale: come riuscire a conquistare una donna che pensa tutto il male possibile di noi senza poterle dire che si sbaglia.
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