Regia di Douglas Sirk vedi scheda film
I melodrammi di Douglas Sirk rappresentano dei capisaldi del cinema sentimentale mondiale. Perché, nelle sue opere, Sirk riesce con grande efficacia a imbastire il ritratto della provincia borghese americana, con venature di una malinconia e di un senso di quieta noia non indifferenti. La strada che ha imboccato è lontana qualche passo dai turgori morbosi di Peyton Place e più vicina a quelle commedie drammatiche romantiche degli anni trenta e quaranta. C’è una non più florida ma non vecchia vedova, assai ricca, che s’innamora, ricambiata, dell’aitante giardiniere, di alcuni anni più giovane. Quando annuncia di volerlo sposare, si mette contro i due figli e l’ipocrita comunità d’amici. Il mal d’amore (ma non solo quello) fa male.
Women’s film di grande impatto ed emblematico. Caratterizzato da una fotografia infiammata di Russel Metty, le accese tinte cromatiche rappresentano un valore aggiunto fondamentale per la buona riuscita del film. Elegante e accurato, non privo di una sua silenziosa carica erotica (tutto è sottinteso, niente è esplicito), vanta anche un preciso affetto nei riguardi dei personaggi, specialmente nel disegno della tormentata ed inquieta Cary dell’ottima Jane Wyman, ma anche nel contraltare raffigurato da Rock Hudson, così fulgido e in parte.
Rainer Werner Fassbinder ne ha fatto una sorta di remake con La paura mangia l’anima, ma è stato soprattutto Todd Hayness con quel raffinato gioiello di Lontano dal paradiso ad aver reso omaggio a Sirk: nel suo film d’epoca realizzato nel primo decennio del duemila, Hayness ha potuto esprimere con franchezza ciò che Sirk non poteva girare e sradicare tabù come l’omosessualità e il razzismo che sfioravano l’autore di Come lo foglie al vento, ma gettavano panico nella bacchettona censura statunitense. Secondo amore va anche lodato per la semplicità con la quale rappresenta quel che non si poteva dire.
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