Regia di Joshua Logan vedi scheda film
"-Guarda che tramonto, Howard!
- È come se il giorno non volesse finire, è come se la luce impegnasse una lotta mortale e desse fuoco al mondo per contrastare il regno delle tenebre".
Nel Kansas degli anni '50, la commemorazione del Labor Day si soleva festeggiarla organizzando spumeggianti picnic sull'erba.
Nella presente storia ritroviamo a partecipare Madge e Millie, la maestra Rosemary, un amico di famiglia, Howard e Alan, fidanzato di Madge.
Durante il picnic, arriva Hal Carter (William Holden), un amico di Alan (Cliff Robertson).
Si tratta di un giovane molto avvenente, disinvolto e con una certa aurea da eterno maledetto.
Hal proviene da una cittadina del Kansas e possiede solo un paio di stivali che gli ha lasciato suo padre e quattro stracci come vestiti.
"-Da dove vieni tu?
-Da tanti posti..."
Giunge in loco con il progetto di incontrare un vecchio amico di armi, Alan, che a differenza sua è molto ricco, e che per tale ragione e spirito cameratesco potrebbe dargli una mano.
La sua presenza fa da catalizzatore per tutte le tensioni del gruppo, attirando l'attenzione delle donne, in particolare Madge (Kim Novak), la più bella ragazza della città, il cui splendore mette in crisi la intelligente e complessata sorella Millie (Susan Strasberg).
Tra scene isteriche e gelosie che non si riescono più a tenere a bada, tra solitudini che si tenta di sfuggire con matrimoni tardivi non proprio suggeriti da sentimenti sinceri, il bravissimo regista e drammaturgo statunitense Joshua Logan traspone sul grande schermo una pièce omonima di William Inge, forte di un ottimo adattamento a cura di Daniel Taradash (Premio Oscar per la stesura di Da qui all'eternità).
Il cast fa scintille, e la carica erotica della coppia Hoden/Novak, con lui spesso torso nudo e lei sensualissima anche se sempre molto vestita, è davvero sensazionale.
Ma sono bravissimi tutti gli attori coinvolti, a partire da una tragicomica Rosalind Russell che tratteggia con sagacia e finezza di sfumature le gesta di una eterna zitella che apparentemente schifa altezzosa ogni proposta, ma si ritrova a fare fronte alla disperazione di una solitudine imminente che la induce con il sotterfugio ad incastrare il suo ultimo bonario ma risoluto spasimante.
Un film molto bello, che riflette le ipocrisie, le disillusioni e le false speranze che animano una intera società che si considera evita e tollerante, ma cela razzismo ed intolleranze ancora inquietanti e risulta incastrata in un perbenismo ottuso e fine a se stesso che viene meno ogni qualvolta gli interessi personali del singolo intervengono a dettar legge sulle priorità del momento.
"-Ho capito una cosa, oggi. Ed è che arriva un momento, nella vita d'un uomo, che deve smettere di ruzzolare come una palla da biliardo.
Forse una piccola città come questa è il posto per fermarsi..."
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