Regia di Simon Verhoeven vedi scheda film
Il cinema horror si tiene al passo coi tempi, ed apparendo ormai bolse e desuete argomentazioni tipo le cassette VHS malefiche dei due pur efficaci The Ring, trascorsa ampiamente l’enfasi da cellulare del Phone ad opera di un maestro cult come Takashi Miike, il genere che vira verso il social network pare naturale, quasi essenziale, inevitabile conseguenza di quanto sopra giò accaduto e sperimentato, oltre che già oggetto di altri similari prodotti del genere.
Questo Friend Request, di natali germanici, risulta senz’altro, o almeno sulla carta, un horror curioso ed insolito dal punto di vista della provenienza.
Porta la firma di un figlio d’arte con un nome impegnativo, ma a ben vedere Simon non è figlio del celebre, quasi iconico Paul Verhoeven, bensì di Michael, pure lui regista, forse noto in patria, non molto all’estero e da noi; e della splendida attrice peckimpachiana Senta Berger.
Detto questo Simon Verhoeven, quarantaquattrenne già attore e sceneggiatore, è già da tempo attivo anche come regista, godendo di un curriculum piuttosto nutrito in entrambe le specializzazioni, ma decisamente fino ad ora più improntato sulle tracce della commedia.
Era pertanto lecito attendersi per lo meno una certa curiosità da questo primo approccio all'horror da parte dello sfaccettato cineasta: un commediante tedesco che passa all’horror è infatti quantomeno un appiglio che ci stuzzica, in grado di dare una marcia in più ad uno dei tanti prodotti di genere che in questo periodo, come ogni anno, si affacciano puntualmente, anzi instancabilmente, quando la programmazione si avvia ormai ad affrontare faticosamente la calura estiva, spesso contornata di film "de (o da) paura", spesso non esattamente indimenticabili.
La storia della studentessa universitaria che finisce in un mare di guai dopo aver stretto amicizia con una misteriosa figura femminile su un sito omologo a facebook (probabilmente si è ricorsi ad un clone per non dover sborsare vagonate di soldi al social più noto al mondo) non presenta di fatto nessuna particolare novità in grado di farci ritenere questo prodotto più memorabile di altri o rendercelo più interessante della spesso mediocre concorrenza di cui sopra.
La vicenda si sviluppa secondo i canoni classici dell’accumulo di situazioni, delle prime morti seriali e della protagonista affranta che si prende colpe che non le spettano, anche di natura morale ed etica visto che a tutti gli effetti essa appare come l’autrice di post macabri ed imbarazzanti che vedono come attori protagonisti i defunti suoi coetanei che via via le circostanze misteriose mietono senza imbarazzo lungo il percorso.
Va dato atto al regista di impegnarsi talvolta a costruire, a vicenda ormai ampiamente avviata, qualche scena in cui la suspence - merito soprattutto dell’effetto sorpresa scandito con un buon accumulo di tensione, e qualche valido scorcio scenografico - aiutano a rialzare un livello generale piuttosto basso e fiacco del prodotto finito, scandito dalla solita prevedibilità di situazioni a sfondo di collettività scolastica e da college piuttosto stereotipata, se non già vista in mille altre occasioni.
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