Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Opera spietata che rifugge ogni consolazione, dove ogni personaggio è a suo modo ambivalente ed amorale, stilisticamente impreziosita da tocchi del surrealismo buñueliano, nonché carica di erotismo morboso con accenni incestuosi.
Alla morte della madre, la giovane Tristana viene affidata al tutore Don Lope, hidalgo della Toledo anni '20, da una parte fervente tradizionalista che crede nei codici arcaici dell'onore e del duello, ma dall'altra libertino in materia sessuale, anticlericale e per certi aspetti perfino anarchico (indica ai poliziotti che inseguono un ladruncolo la direzione sbagliata perché ritiene si debba sempre stare dalla parte dei più deboli). Convinzione in cui si rivela ben presto ipocrita, non esitando ad abusare della sua influenza per cercare di manipolare la giovanissima Tristana ad acconsentire alle sue torbide avances. Un personaggio complesso e torbido quello di Don Lope, superbamente interpretato da Fernando Rey, che già aveva incarnato uno zio morboso nel precedente Viridiana, e qui, grazie alla maggior ampiezza del ruolo, aggiunge sfumature di ipocrisia, possessività e terrore della vecchiaia e della morte.
Una algida Catherine Deneuve incarna la giovane Tristana, dapprima vittima innocente delle morbose attenzioni del maturo tutore. Ma, dopo una temporanea fuga dal soffocante abbraccio per seguire il pittore Horacio (Franco Nero), Tristana rientra per bisogno nella casa di Don Lope e, nonostante o forse proprio grazia alla malattia e alla sopravvenuta disabilità, progressivamente si tramuta in carnefice, approfittando dell'ascendente esercitato sull'anziano per appropriarsi delle ricchezze nel frattempo ereditate da una sorella bigotta. La ragazza si illudeva di liberarsi dall'influenza di Don Lope fuggendo col pittore, in realtà continuava ad essergli legata in maniera malsana e solo con la morte di lui può avvenire la sia liberazione. Per questo, dopo aver perso una gamba per un tumore, accetta di sposarlo, ma lo umilia quando questi si attende che avrebbero trascorso la prima di notte di nozze insieme (“questa poi...alla tua età...incredibile...ahahahah”), fino a fingere di chiamare il medico la notte in cui il marito soffre un attacco mortale di cuore, in un superbo finale di agghiacciante crudeltà.
Opera spietata che rifugge ogni consolazione, dove ogni personaggio è a suo modo ambivalente ed amorale, stilisticamente impreziosita da tocchi del surrealismo buñueliano (il sogno anticipatore della testa tagliata di Don Lope come batacchio di una campana), nonché carica di erotismo morboso con accenni incestuosi (“Sono tuo padre e tuo marito e mi comporto come l’uno e l’altro a seconda dei casi”), sebbene sullo schermo non venga mostrato pressoché nulla di esplicito.
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