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Il buio oltre la siepe

Regia di Robert Mulligan vedi scheda film

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La recensione su Il buio oltre la siepe

di Antisistema
8 stelle

Pensavo di trovarmi innanzi ad un film politicamente corretto, sulla falsariga del filone diritti civili che tanto và di moda ad Hollywood da 50-60 anni a questa parte (all'epoca si confrontava con le pellicole liberal-chic di Stanley Kramer) e pregno di retorica; in pratica una vera e propria noia ed invece, non è nulla di tutto questo. Il Buio oltre la Siepe di Mulligan (1962), devo ammettere che è un modello di riferimento per tutti i film odierni a tematiche razziali-sociali e incentrate sui diritti civili per un semplice motivo; in primis è un film fortemente sentito, onesto negli intenti e soprattutto cinematograficamente impeccabile. Non che si parli di un capolavoro (è un ottimo film), però una visione è assolutamente obbligatoria.

 

Scout (Mary Badham) è una vivace ragazzina dell'Alabama che vive in una cittadina rurale con il fratello Jem (Phillip Alford) e il padre, il nobile avvocato Atticus Finch (Gregory Peck). Nel giro di un’estate, Scout imparerà sulla propria pelle la pericolosità dell'ignoranza e gli orrori della segregazione razziale.

 

Il regista decide di mostrarci l'intera vicenda dal punto di vista dei bambini; figli dell'avvocato Atticus Finch nel corso di un periodo lungo quasi un anno. La macchina da presa segue questi due pargoli, con delicatezza e con impercettibili movimenti di macchina, durante lo svolgimento delle piccole cose del quotidiano, facendo si che siano portatori del punto di vista dello spettatore che scorge per la prima volta l'entroterra provinciale, razzista, xenofobo e soprattutto ignorante del Sud profondo degli Stati Uniti. Per i bambini questo processo è un qualcosa che smuove le acque in un paesino dove nulla succede mai; per Finch invece è una questione in primis di rispetto onesto e retto delle regole.

 

Atticus Finch non è un uomo dalle qualità superiori o idealizzate; certo ha una donna di colore in casa che tratta con rispetto, e accetta la magagna di difendere Tom d'ufficio, ma come ben dice nell'arringa, lui non è un'idealista; vuole solo che nel processo e nella decisione della giuria, siano rispettate delle semplici quanto elementari regole stabilite in primis dal sistema giudiziario e non dalla consuetudine dell'ignoranza e dalla schifosa omertà della società. Non ha chiesto la luna in effetti... eppure la società razzista e soprattutto ignorante (perchè da essa si genera tutto, il film è ben chiaro nel sottolineare questa cosa), non può permettere che la verità venga a galla e seppur le prove indichino la non colpevolezza di Tom (o per lo meno uno svolgersi dei fatti in modo totalmente differente); deve reprimerlo in tutti i modi. La camminata finale dell'uscita di Atticus Finch dall'aula è il pezzo più significativo del film; potrebbe scadere nella retorica; ma sono solo i neri ad alzarsi per rendergli omaggio, come in una sorta di onore delle armi, ma l'avvocato esce senza neanche alzare lo sguardo... non è dimenticanza o il volerli ignorare, ma è solo la dimostrazione che Finch nulla ha fatto se non attenersi alle regole del buonsenso civile e della legge. In un contesto ordinario non ci sarebbe neanche da sorprendersi; ed invece quello che quest'avvocato ha fatto, è quanto di più forte, eroico e sovversivo vi sia mai stato. L'arringa non è meramente difensiva infatti; ma un forte atto d'accusa contro la profonda ignoranza sociale della gente che non vuole guardare al di là del proprio piccolo e ristretto orticello non solo fisico, ma anche mentale.

 

Gregory Peck (oscar miglior attore protagonista e sconfisse Peter O'Toole in Lawrence d'Arabia), l'avevo visto solo in Vacanze Romane e Arabesque, seppur buone come prove, m'era parso un pò come dire... un budellone belloccio ecco! Qui invece complice i quasi gli oltre 45 anni, e un fisico segnato dall'attività (pancetta e capelli scombinati e segnati dalla calura) e anche dall'invecchiamento; m'ha convinto alla perfezione. Ritrae un uomo retto e onesto, senza mai scadere nel retorico (e l'arringa finale girata in piano sequenza fisso sul suo volto, era a rischio sviolinata) o peggio, nell'overacting. La scelta dell'autore di sceglierlo come protagonista, è stata vincente. Una pellicola più che mai attuale e che la dice lunga, su chi viene etichettato come mostro e chi invece lo è per davvero come l' “onesto lavoratore” Bob Ewell, che è il ritratto bestiale di un'America che non sparirà mai completamente.

 

Gregory Peck, Brock Peters

Il buio oltre la siepe (1963): Gregory Peck, Brock Peters

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