Regia di Sydney Pollack vedi scheda film
Pollack al suo secondo lavoro per il cinema seguì la moda del periodo adattando una pregevole play di Tennessee Williams, un tipico dramma bollente ambientato nel profondo sud nel periodo della grande depressione, il risultato fu aspramente criticato da Williams al punto da voler far rimuovere il suo credit, cosa che poi non avvenne, in più il film è tristemente ricordato per esser stato realizzato in un periodo molto difficile nella vita di Natalie Wood che tentò il suicidio durante la lavorazione e nella scena del bagno di massa allo stagno dovette mascherare tutto il terrore per l'acqua che segnò la sua intera esistenza, rimase in equilibrio su una tanica d'acciaio riposta sul fondo e in altri ciak fu Robert Blake a reggerla da sott'acqua trattenendo il respiro.
Il preambolo potrebbe far presagire ad una mia stroncatura....niente di tutto ciò perché il film è la prima vera gemma nella carriera di Pollack e mette in mostra una prova gigantesca della mitica Natalie Wood, una donna che continua ad affascinarmi nonostante sia misteriosamente scomparsa più di trenta anni fa inghiottita da quelle acque che tanto temeva.
La piccola grande Natalie con il suo fisico tutto curve ad incorniciare la morbida muscolatura è superlativa nel ruolo della ninfa del borgo Alva Starr, la caratterizza con le sue taglienti espressioni facciali e Pollack sottolinea il tutto con i tanti primi piani catturati ed arricchiti dagli occhi di Natalie che meritano solo di essere gustati durante la visione: serrati e rabbiosi, fissi nel vuoto, spalancati ed umidi, sognanti e appassionati sempre pronti ad esplodere con il furore del suo difficile personaggio che sogna di fuggire da Dodson dove è costretta a vestire i panni dell'oggetto del desiderio degli operai del piccolo paesello a più di duecento miglia da New Orleans la cui maggiore fonte di guadagno è proprio la ferrovia che da un po' lavoro a tutti.
Alva vive in una squallida pensione balera gestita dalla madre insieme alla sorellina che nella play raccontava la storia seguendo le rotaie del treno ma qui costituisce solo l'overture e la coda del racconto, in apparenza sembrerebbe una sgualdrinella di provincia ma è solo soggiogata dalla madre, abbandonata da un padre sognatore che le ha lasciato un vagone dipinto con il suo nome dentro il quale poter sognare di fuggire da quella vita che la costringe ad essere amorevole con gli operai della ferrovia in modo che vengano ad ubriacarsi nell'hotel della madre con l'illusione di portarsela a letto.
Alva Starr è un personaggio che esprime valori negativi grazie alla maestria della Wood: sotto la civetteria nasconde il desiderio di affetto e il sogno della grande città che il personaggio di Robert Redford sembra racchiudere.
Owen Legate è giovane e biondissimo, un corpo estraneo proveniente dalla città incaricato dalla compagnia ferroviaria di sfrondare il personale, è per questo che viene mal visto da tutti a Dodson, tranne che da Alva ovviamente, con lei inizierà una intensa e complicata storia d’amore destinata ad assumere un risvolto amarissimo.
Redford non è secondo me la scelta migliore per questo ruolo ma se la cava disinvolto e ha un affiatamento notevole con Natalie Wood che lo prende per mano dall’alto della sua esperienza nel mondo del cinema iniziata da piccolissima, la storia ruota intorno allo sviluppo del loro legame e Pollack mette in mostra già alcuni tocchi da maestro con la sua mano morbida: gli interni nelle rimesse dei treni e soprattutto la magione pensione di Alva Starr hanno l’aria di una prigione, come anche il vagone dipinto dal padre di Alva con il suo nome è come una cella deragliata nel nulla della provincia in cui la fantasia ti può dare la libertà mentre in realtà la ferrovia è l’unica via d’uscita, al contrario la parte finale ambientata a New Orleans ha un’atmosfera distesa che si intona con l’idillio fra Alva e Owen, ormai lontani dal veleno della provincia possono concedersi del sano romanticismo, marchio di fabbrica di un Pollack in fase di formazione che alterna Alva e Owen mano nella mano con rami di pesco sotto un cielo limpido.
La parte che non mi è mai piaciuta è il brusco finale, è il caso di dire che il film finisce male in tutti i sensi: a livello narrativo e formale e la colpa va ricercata in una scrittura precipitosa di Francis Ford Coppola, impeccabile fino a quel momento, colpo di scena incluso.
La pellicola è comunque imperdibile per i fans di Pollack e Redford alla loro prima collaborazione che darà vita in seguito a un classico come “I tre giorni del Condor” e un successone di cassetta come “La mia Africa”, nel cast di contorno l’agente Baretta Robert Blake e Charles Bronson non sfigurano come cascamorti che ronzano intorno ad Alva e nel ruolo di Willy Starr va menzionata Marie Bedham che tutti ricorderanno nel ruolo della figlia di Atticus Finch nel classico “To kill a mocking bird”, a parte questi ruoli ed un curioso episodio di “Ai confini della realtà” la sua carriera nel cinema non proseguirà, l’ultima parola nel film spetta a lei ma le ultime parole nella mia review le dedico alla divina Natalie Wood, intensissima in questo film, aveva uno stile di recitazione che andava facilmente sopra le righe ma riusciva comunque a rimanere credibile e non stancava mai lo spettatore, pur non essendo una bellezza prorompente, visto anche il fisico minuto, aveva un carisma fuori dal comune ed è per questo che avrà sempre un posto speciale nell’Olimpo delle mie attrici preferite, un affetto particolare come donna di gran classe e un punto in comune per una notevole repulsione verso le acque profonde.
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