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Il giustiziere della notte

Regia di Michael Winner vedi scheda film

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La recensione su Il giustiziere della notte

di scapigliato
8 stelle

La maschera di Charles Bronson dà vita ad un solitario giustiziere che dopo un'iniziazione texana, sulle orme di vecchi cowboy, decide che strada prendere. Era il '74 e due anni dopo il Papà Doyle di Gene Hackman e l'Harry Callahan di Clint Eastwood, la cui brutalità era legittimata dal loro lavoro di poliziotti, arriva il cittadino che si ribella.
In ritardo rispetto i nostri esempi polizieschi italiani, il poliziesco americano, quello urbano e violento, riesce a tenere testa a quelli nostrani per un'idea strutturale abbastanza diversa e da un chiaro impatto tecnico più professionale. Nei nostri bellissimi spaghetti-cops l'azione era secca e tutto il resto era tagliato, omesso, perchè inutile. Si rinunciva il più delle volte ad approfondimenti initimistici, e qualcosa del pesonaggio lo si capiva solo attraverso eloquenti gesti. Spesso la resa finale di grandi artigiani del genere come Di Leo, Massi, Martino e Lenzi cozzava con quella mediocre di registi occasionali. Mentre oltreoceno la professionalità, seppur mediocre (Winner rispetto a Siegel e Friedkin per esempio), rimane comunque evidente e chiara. Nella struttura invece, la coralità dei film americani, con attori anche secondari ma funzionali alla vicenda, si sostituisce alla nostra struttura molto semplice e lineare di cui la forza era l'impatto estetico violento, di chiara rottura con un cinema intellettuale e sofisticato.
Charles Bronson, che lavorerà anche con Sollima, era l'unico capace di incarnare Kersey, bruciati Eastwood e Hackman con i loro rispettivi presonaggi. Anche perchè il Paul Kersey di Bronson è un uomo che non deve trasudare nulla per non essere scoperto, deve esser ancora più impenetrabile di Eastwood e meno gigionesco di Hackman. E questa sua monumentalità deve evidenziare il conflitto umano di cui è protagonista.

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