Regia di Gillo Pontecorvo vedi scheda film
Il taglio documentaristico vuole salvaguardare una sorta di neutralità nella narrazione. L'Algeria, colonia francese, alza la testa e chiede indipendenza. In tutti i modi. Si tende a sottolineare l'irreversibilità di certa violenza, spirale vorticosa figlia della vendetta, della perdita della ragione, dell'inumanità incosciente generata dalle più diverse motivazioni. Viene evidenziato l'assunto che al terrorismo iniziale deve sempre far seguito l'insurrezione popolare. Che è ciò che avverrà appena due anni dopo i cruenti avvenimenti narrati nel film, e che contribuiranno a sollevare animi e tensione fino alla presa di coscienza definitiva. Ma per arrivare a ciò sarà necessario accecarsi nell'ira, uccidere bambini e poliziotti, innocenti e colpevoli, individuare i mandanti e temere i vicini di casa, rinunciare ad una vita in nome di un ipotetico ideale. C'è da fomentare odio, c'è da covare rancore. E c'è da esaurirne la carica micidiale che obnubila l'uomo. Da sempre.
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