Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
Basta una sola scena, quella del barbaro e straziante omicidio della bellissima Florinda Bolkan, sulle note di "Quei giorni insieme a te" della Vanoni, a far capire che ci si trova davanti a un grande film. Il nostro Paperino seviziato non ha nulla da invidiare alla trilogia animalesca argentiana. Onore al Maestro terrorista dei generi! Voto: 9
Certi critici con la toga del secolo scorso hanno spesso e volentieri trattato Fulci come un vecchio scemo, un cinematografaro da prendere a pesci in faccia, senza arte né parte, dedito a fare film per puro istinto di sopravvivenza. "Tre stellette a Fulci? Mai!". Era questa la profonda analisi del cinema fulciano secondo una delle penne più acute e perspicaci della critica all'italiana, la stessa che ha ipotecato per anni il cinema del maestro Mario Bava come artigianato di terza mano, roba buona per un pubblico sottoproletario e semianalfabeta, da sempre a digiuno di film d'autore. L'atteggiamento di questi signori del giudizio cinematografico, fatto sostanzialmente di pregiudizi, preconcetti e prevenzione, ha recato un danno permanente a Fulci, precludendogli la possibilità di attingere a budget più elevati e costringendolo a barcamenarsi sempre nel limbo del low budget, del cinema di seconda fascia. Eppure, è da questo limbo fatto di ristrettezze economiche e di limitatezze finanziare che sono venute fuori opere indimenticabili come Non si sevizia un paperino, L'aldilà, Sette note in nero, o anche piccoli cult da riscoprire come La casa nel tempo e Le porte del silenzio. Quando era in vita, Fulci ha trovato in Francia, in Germania e oltreoceano quella fama e quel riconoscimento che non ha quasi mai riscontrato in patria. Ma lentamente, col tempo, generazione dopo generazione, al Fulci reietto ed escluso dai suoi contemporanei è accaduto qualcosa. Fulci era già morto, ma poi è risorto. Orde di scopritori del suo cinema (tra di loro, il pluricitato Quentin Tarantino) hanno riportato nelle sale, nelle cineteche, nelle case, la filmografia di un autentico terrorista del genere, che ha iniziato a terrorizzare la critica antiquata, accademica, vocabolaristica che per anni ha ripudiato ingiustamente il suo cinema:
"Io tento sempre di essere un terrorista del genere... sto dentro, però ogni tanto metto la bomba che tenta di deflagrare il genere. Infatti ne ho trascorsi tanti, di generi". (da La notte americana del dottor Fulci).
Come questo genere venga manipolato e deformato dal genio di Fulci, dalla sua regia sui generis, lo si può notare in Non si sevizia un paperino, un'opera che merita ben più di tre stellette, se ancora siamo convinti che il gioco delle stellette possa davvero restituire simbolicamente il valore di un film.
Questo Paperino di fulciana fattura è un film profondamente meridionale (ambientato ad Accendura, un immaginario paese lucano), si respira l'aria del Sud, gli odori del Sud, ritratti da Fulci insieme ad altri aspetti che costituiscono l'antropologia di un Meridione arcaico e superstizioso che ormai non esiste più. Lo stesso Meridione di cui scriveva Corrado Alvaro in molte delle sue opere letterarie. Per tornare alla critica, e per chiudere con la critica, ogni volta che penso al destino subito da Fulci, mi viene in mente questo aforisma alvariano: "La critica, quella generalmente professata, è l'arte di risuscitare i morti e di far morire i vivi".
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