Regia di Lucio Fulci vedi scheda film
"Non si sevizia un paperino" è considerato da molti affezionati fans del regista e dallo stesso Fulci il suo film migliore, non essendo un conoscitore approfondito del suo cinema e non essendo l'amante più spassionato del genere credo di poter intavolare una analisi più distaccata e imparziale.
Il fascino magnretico del film è indiscutibile, circondato da una serie di collegamenti con la cronaca nera del nostro paese che accrescono la sua aura di opera maledetta, osannato dalla critica americana che lo ha eletto a film di culto del genere horror tanto quanto il suo autore mai dimenticato e sempre più apprezzato in un epoca in cui la pochezza di idee e stile dei nostri realizzatori è sempre più conclamata.
La sola sequenza introduttiva del personaggio di Patrizia affidato a una giovane Barbara Bouchet, adattissima ad interpretare questa ragazza ricca e viziata che sembra non avere niente in comune con questo paesino del profondo sud italico se non l'origine dei suoi genitori, meriterebbe una analisi ultrapprofondita che cercherò di sintetizzare al meglio: in questa sequenza la Bouchet è completamente nuda e distesa su di una srdraio nel suo buio appartamento, il piccolo Michele di appena dieci anni le si avvicina per portarle una brocca di aranciata e Fulci inquadra in soggettiva il suo avanzare filtrando la prospettiva attraverso un acquario nel quale il liquido fluttua lentamente in maniera surreale, lo sguardo basso del bambino sottolinea l'imbarazzo e l'attrazione verso questo corpo nudo che comincia a parlargli producendo frasi accattivanti fino a deambulare verso di lui chiedendogli se vuole stendersi a letto, questa sequenza fu contestatissima dalla commissione censura, fu proprio Fulci convocato insieme all'attrice e al produttore a dover spiegare che la scena è montata con campi e controcampi in modo che i due personaggi non fossero mai nello stesso frame dato che la legge impediva di utilizzare un bambino in una scena di nudo esplicito, Fulci spiegò inoltre che durante il doppiaggio effettuato dal bambino le immagini di nudo erano ricoperte con delle code nere tanto che il dattilografo che scriveva il verbale dichiarò "Bravo dottò.... li ha fregati", ma ci sono dei frames durante la sequenza in cui il bambino è di spalle con dinnanzi a se l'attrice completamente nuda, chi era quel bambino? Ma era un bambino?
La risposta è più che mai inquietante visto che quella figura era un nano, ma non un nano qualsiasi, bensì Domenico Semeraro il famoso nano della stazione termini che sarà al centro di uno scabroso fatto di cronaca negli anni novanta raccontato nel bel film di Matteo Garrone "L'imbalsamatore".
Il tutto basterebbe già a creare inquietudine in voi che leggete e che avete visto o volete vedere il film ma tralasciando gli aspetti aneddotici della scena mi soffermerò sui contenuti che mettono a contatto i temi fondamentali del film e cioè l'innocenza e la sessualità malata intersecati con la realtà ignorante e povera di un piccolo paese di agricoltori dove si svolge la vicenda che pone le sue basi sul neorealismo ma si sviluppa distantissima da esso nel giallo gore raffinato con intenti di critica sociale, sintesi perfetta delle intenzioni e delle passioni di Fulci.
La triste vicenda di una serie di infanticidi avvenuti a Bitonto nel '71 si susseguono all'interno del film ripresi da Fulci con una esposizione inquietante e stilisticamente perfetta: i boschi, le grotte, la chiesa, la villa, il viadotto, il cimitero, i vicoli della città bianchissima mettono i brividi semplicemente perchè inquardati, la sua regia è viva come non mai e riesce a rendere paurosi tutti gli angoli della pellicola tranne quello che in realtà lo è veramente e questo devo dire è quasi uno spoiler, i personaggi sospettabili sono descritti dalla sceneggiatura come dei colpevoli e come già accennato la sessualità femminile è in più di una occasione un elemento che causa la morte o determina il pericolo: i bambini si allontanano incautamente dalle loro case o dal centro abitato per spiare le prostitute ed i loro clienti in un isolato casolare, Patrizia è attratta dai bambini e si rivolge a loro sempre allusivamente, Dona Avallone è madre di una bambina sordomuta forse nata da un rapporto incestuoso e la maciara interpretata dalla Bolkan che vive come una eremita esercitando riti magici con spilli e bambole vodoo disseppellisce i resti del suo bambino nato a quanto pare da una copula con il demonio, è lei la protagonista della scena più famosa del film in cui la violenza rurale e rozza esplode in contrappunto alla canzone della Vanoni romantica e vellutata, esattamente al lato opposto si trovano i personaggi maschili indifesi e disorientati come il pazzo che chiede il riscatto, il giornalista interpretato da un sempre bravo Milian e ovviamente le vittime del serial killer tutti maschietti; non rivelerò l'ultima critica che Fulci vuole muovere per non generare uno spoiler indiscutibile ma mi limiterò a muovere una critica al finale un pò brusco in cui il montaggio non è all'altezza di ciò a cui ho assistito fino a quel momento, un film molto bello sotto l'aspetto tecnico e quello emozionale che compete davvero per essere la gemma nella filmografia di Fulci e merita il titolo di cult movie.
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