Regia di Nicolas Gessner vedi scheda film
A volte basta un segreto a fare una storia. Intorno a quel vortice di silenzio e menzogna si sviluppa infatti una vita immaginaria, che si inventa giorno per giorno, mettendola in scena a beneficio di coloro che non devono sapere. Per la piccola Rynn, esistere equivale a recitare la parte della figlia di un padre che non c’è, fingendo, sul palcoscenico della sua casa solitaria, la presenza di un personaggio invisibile, eternamente confinato dietro le quinte. Anche per lui, che è solo un fantasma, c’è un copione da interpretare, e lo spettacolo richiede un racconto che ne descriva i pensieri, i movimenti, i comportamenti, giustificando, di volta in volta, con motivi sempre diversi, la sua ostinata assenza. Nel salotto del villino isolato in cui abita Rynn, si trova una botola, coperta da un tappeto, nella quale spariscono cose e persone: si direbbe una meccanica metafora del sotterfugio, che, se è supportato da una sufficiente dose di fantasia e malizia, può, in effetti, assumere la veste di un ingegnoso trabocchetto. È la trappola in cui far cadere, si nascosto, gli elementi che ostacolano il corretto e coerente procedere della narrazione: è quasi un espediente letterario, per eliminare tutto ciò che può compromettere la realizzazione del progetto creativo, o tradirne in itinere lo spirito originale. Il piano di Rynn prevede di mantenere, nei confronti del mondo esterno, un’apparenza di normalità che le consenta di muoversi in maniera libera ed indipendente, al riparo dai condizionamenti della società e, soprattutto, dalla sua pretesa di dover istruire, educare, guidare coloro che non hanno ancora raggiunto la maggiore età. Ad animare la ragazzina, che ha appena compiuto tredici anni, è la rivendicazione del proprio diritto all’autodeterminazione e della propria dignità di persona completa, pienamente dotata di coscienza e iniziativa. La mostruosità della sua condizione – di cui la scia di cadaveri è solo la manifestazione esteriore – è un intelletto adulto dentro un corpo infantile: una deformità di carattere diabolico, che, però, è anche infinitamente triste, essendo il prodotto di una crudele condanna alla solitudine. Il suo universo è innaturalmente, e irrimediabilmente, vuoto, e la sua fatica quotidiana consiste nel continuo sforzo di riempirlo di idee che simulino una realtà in evoluzione, organizzata secondo una credibile concatenazione di passato e presente. L’illusorio artificio entra in crisi nel momento in cui, nel quadro così accuratamente studiato, si inserisce all’improvviso uno scampolo di verità, qualcosa a cui doversi rapportare in maniera spontanea, abbandonandosi agli impulsi del cuore. L’intruso è Mario, il giovane mago, che, paradossalmente, pur essendo un professionista del trucco, è, per Rynn, ispiratore di sentimenti autentici e un concreto antidoto all’ipocrisia. È questa la vera maschera della morte, l’omertoso camuffamento borghese dei peccati più gravi, quelli in cui l’amore e la giustizia vengono invocati per celare i loro opposti. Questo tipo di falsità, non è, come quello a cui la povera Rynn ricorre per sopravvivenza, un legittimo strumento di autodifesa, ma solo una colpevole copertura che ha, come unico, nefasto effetto, quello di permettere la perpetuazione del danno. La morale, per una volta, sembra stare dalla parte dell’assassina, dell’autrice di omicidi premeditati: ed è così, all’insegna della reazione al male di vivere, che nasce una nuova, inquietante forma di innocenza. Quella strana ragazza che abita in fondo al viale è un dramma grottesco che si svolge in un teatro surreale, in cui il più furbo, il più forte, il vincitore è - in maniera del tutto inusuale - l’individuo più duramente colpito dalla sfortuna, dall’emarginazione, dalla sofferenza. Il romanzo di Laird Konig (che è anche autore della sceneggiatura) ci trasporta in una dimensione evidentemente assurda: ed è proprio l’improbabilità delle situazioni presentate a ricordarci, per contrappasso, quanto la vera perversione sia quella che governa questo mondo, punendo i deboli ed assolvendo i potenti.
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