Regia di Nicolas Gessner vedi scheda film
“I am the arm and I sound like this.” [Electric static.] “Is it the story of the little girl who lived down the lane? Is it?”
Con la caparbietà e la risolutezza della Mattie Ross (“True Grit”) di Portis/Hathaway/Coen (sorella gemella) e delle (Qualcosa di) Alice di Carroll/Svankmajer e Jeliza-Rose (“TideLand”) di Cullin/Gilliam (sorella maggiore), Rynn difende quel che rimane del focolare domestico, cioè del suo futuro.
Nicolas Gessner (Buda-Pest, 1931), regista francofono di origini ungheresi attivo per una trentennio, dalla prima metà degli anni ‘60 alla seconda degli anni ‘90, con questo “the Little Girl Who Lives Down the Lane” (1976), adattamento del romanzo omonimo (1974) di Laird Koenig (1927), sceneggiato dallo stesso scrittore (che vent'anni dopo ne trarrà anche una pièce teatrale), firma il suo film (azzardo, essendo l’unico suo lavoro cui ho assistito in maniera completa) migliore, e ciò grazie a vari fattori...
- Jodie Foster, allora tredicenne (fra i ruoli di “Taxi Driver” e “Casotto”: curioso il fatto che all’inizio della pellicola pronunci alla perfezione - al contrario dei suoi colleghi - il cognome italiano “Miglioriti”, azzeccando tanto la dizione del digramma palatale “gl” quanto la caduta dell’accento sulla penultima sillaba, per poi lasciarsi andare anch’essa, traviata dai compagni di lavoro, all’americanizzazione) come il personaggio di Rynn Jacobs che interpreta, era già quasi del tutto un’attrice realizzata, fatta e finita (anche se, forse, solo con “the Hotel New Hampshire” potrà dirsi “arrivata”), sofisticata e leggiadra tra la naturalezza ed il metodo…
- il resto del cast, pervaso da un automatismo naïf: da Martin Sheen (fra due pietre miliari quali “BadLands” e “Apocalypse Now”, in questo caso con delle “derive” e sfumature dennishopper-alaindeloniane) e Alexis Smith (meravigliosa epr Bernhardt, Capra, Curtiz, Dieterle, Walsh, e qui in uno delle sue poche apparizioni una volta scoccati i quarant’anni, cui seguirà quella in “the Age of Innocence”) a Mort Shuman [cantautore e pianista rock ‘n’ roll (è co-autore di “Viva Las Vegas” per Elvis Presley), insomma in zona Steve Van Zandt] , e il giovane e molto bravo Scott Jacoby…
- le molte sequenze girate in long take, senza stacchi, e con camera mobile all'interno del set-casa…
- le musiche originali di Christian Gaubert e dello stesso Mort(imer) Shuman (il primo è l’arrangiatore/collaboratore di fiducia del secondo) e quelle non originali di Fryderyk/Frédéric Chopin…
- il paese di Lac-Brome, Quebec, che, per questioni di agevolazioni fiscali, interpreta quello di Wells Harbor, Maine…
Fotografia di René Verzier, montaggio di Yves Langlois e scenografie di Robert Prévost.
Sui titoli di coda compaiono due cartelli: uno dei primi disclaimer contro la pirateria.
Nota a margine: dalla frase originale “Edgar Allan Poe was a drug addict. Dylan Thomas drank himself to death, Sylvia Plath took her own life” la versione sottotitolata italiana (presente sul Blu-Ray Disc della Pulp Video) rimpiazza, con solerzia non richiesta, la poetessa autrice de la Campana di Vetro con Ernest Hemingway (“Gl’itagliani sono ignoranti, meglio non rischiare!”, avrà pensato il curatore del doppiaggio. “E poi, oh, sempre di suicidi si tratta!”, anche se l’artefice dei 49 Racconti è stato un po’ più risoluto e deciso.)
Jodie Foster, sul finale, con focolare alle spalle, morituro innanzi e il concerto per piano n. 1 di Chopin, eseguito da Claudio Arrau, che si spande nell’aere mentre il dolce profumo di mandorle amare poco a poco scompare, non sbatte le palpebre per due minuti e mezzo.
“I am the arm and I sound like this.” [Electric static.] “Is it the story of the little girl who lived down the lane? Is it?”
* * * ¾ - 7.5
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta