Regia di Fernando Di Leo vedi scheda film
Significativo primo capitolo di una trilogia diretta da Fernando Di Leo su soggetto di Scerbanenco. Le città italiane (qui Milano) assumono una dimensione "altra" strette nella morsa della malavita e del boss soprannominato -significativamente- l'Americano. Grande esempio di cinema che sfugge al genere in senso stretto per quanto compiuto...
Ugo Piazza (Gastone Moschin) esce dal carcere dopo aver scontato una pena ridotta, grazie agli estremi di buona condotta. Come un'ombra Rocco (Mario Adorf), dietro ordine dell'Americano (Lionel Stander) capobanda di una cosca mafiosa, lo segue mettendolo sotto pressione: durante un losco traffico di denaro sono scomparsi 300.000 dollari e l'ultimo che gli ha avuti tra le mani è proprio Ugo Piazza che nel frattempo sembra volersi ritirare dalla banda per fuggire con Nelly (Barbara Bouchet). Per Piazza la fuga è però impossibile perché si ritrova stretto tra due fuochi: da un lato la polizia che lo tiene sotto controllo per arrivare all'Americano e dall'altro il Boss mafioso che lo rivuole in azione, convinto che i soldi siano proprio tra le sue mani...
Primo tassello di una fondamentale trilogia diretta con particolare cura da Fernando Di Leo e ispirata ai testi di Scerbanenco.
Oltre ad avvalersi di un ottimo soggetto di partenza il regista può qui contare su un cast particolarmente adatto in grado di spaziare da ottimi comprimati (su tutti Moschin personaggio in bilico tra bene e male, sempre ombroso e diffidente, forse sincero quando non falso; a seguire Adorf maschera semplice e diretta, apparentemente priva di sfumature e invece altrettanto carica di emozioni) a figure di contorno perfette nella pur sintetica parte (dalla Bouchet a Pistilli, passando per Leroy fino ad arrivare alle veloci comparsate tipo quella di Fortunato/Renato Cecilia).
Di Leo puo contare anche sul notevole apporto musicale opera di Bacalov caratterizzato da note romantiche e melodrammatiche che si calano e si fondono con estrema pertinenza agli scenari autunnali e ai campi lunghi con riprese in lontananza dei palazzi milanesi. E queste brevi ma significative sequenze (già collocate nelle scene di apertura) rimandano al noir statunitense al punto che la città italiana assume qui una valenza "altra", newyorchese non fosse altro per fedeltà e pertinenza al nome del capo banda: l'Americano appunto.
Oltre al tema del tradimento e del raggiro Di Leo lascia aperta una flebile luce, uno spiraglio di speranza mettendo in campo un vice ispettore onesto e sensibile, unico protagonista positivo in mezzo a personaggi che mentono, rubano, uccidono e (soprav)vivono per soddisfare solo se stessi: è la figura poetica ed utopistica del vice comissario Mercuri (un malinconico ma significativo Pistilli), costretto a combattere contro i suoi stessi alleati e, per quanto onesto, destinato al trasferimento.
A Milano calibro 9 il termine poliziesco calza male, trattandosi più di un noir o, meglio, di un polar: genere estraneo alla cinematografia italiana ma pertinente in questo caso, trattando il film di poliziotti e noir (neologismo dal francese che mette assieme appunto "policier e noir").
Il tema dell'impegno civile e i contrasti all'interno del commissariato tra due opposte ideologie politiche non riduce il ritmo di un film che diventa anzi più significativo al di là del genere. Film diretto con mano sicura e magistralmente condotto verso una chiusa inevitabilmente drammatica.
Curiosità
Oltre alla bellissima colonna sonora di Bacalov, ad un certo punto si inserisce nella soundtrack di Milano calibro 9 anche il brano Adagio, composto dai New Trolls (presente nell'album Concerto grosso) e già orecchiato nell'altrettanto riuscito film di Maurizio Lucidi realizzato l'anno precedente: La vittima designata.
Citazione
"Lei è un vecchio poliziotto, cioè un poliziotto vecchio. Sì, lei ha pochi anni più di me ma ha una mentalità vecchia, e perciò é inadatto a occupare il posto che occupa. (...)
Volevo soltanto spiegarle due o tre cose, se lei mi permette: l'Americano è un effetto, non una causa. Come sono effetto tutti i delinquenti... Mi ascolta? Mi capisce? Dicendo che l'Americano e i delinquenti meridionali sono un effetto intendevo dire questo: la massa di meridionali che viene a lavorare qui nel Nord fa i mestieri più umili, quelli che da decenni gli altri si rifiutano di fare, mal pagati, mal alloggiati, niente affatto assistiti. Per forza poi diventano delinquenti..."
(Luigi Pistilli nei panni di Mercuri, dopo aver appreso di essere stato trasferito di fronte a Frank Wolff, commissario di polizia cieco e reazionario) .
Colonna sonora
Adagio (Concerto grosso) / New Trolls
Bacalov (soundtrack)
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