Regia di Fernando Di Leo vedi scheda film
"Milano calibro 9" è un film di serie B soltanto nella misura in cui il protagonista non è né Gassman, né Tognazzi, né Mastroianni, né Sordi. Per il resto si può dire che sia davvero un grande film, probabilmente il capolavoro di Fernando Di Leo (1932-2003), migliore anche del già ottimo "La mala ordina" (1972). Dietro alla sceneggiatura ci sono i racconti di Giorgio Scerbanenco (1911-1969), un altro autore da rivalutare. Evidentemente in Italia ci siamo fatti del male per vent'anni, esaltando alcuni maestri (Fellini, Visconti, Rossellini) che, niente da dire, lo meritavano, ma sparando a zero su registi che facevano film di genere alla maniera di autori d'oltralpe o d'oltreoceano cui i critici nostrani tributavano onori spesso anche oltre misura. "Milano calibro 9" merita di stare in vetta alla cinematografia italiana degli anni settanta, sia per la trama (un racconto serrato che non fa certo annoiare) sia per i dialoghi vivi e mai banali, per un cast da produzione maggiore (eccezionali Moschin pre-Melandri e Adorf, già ottimo interprete di "La mala ordina", ma da ricordare anche un Leroy scattante e misurato, il grande Lionel Stander, Frank Wolff e Luigi Pistilli nella parte di due poliziotti di opposte tendenze politiche), per le interpretazioni fornite dagli attori (perfino Barbara Bouchet non fa la solita apparizione da oca) e per una colonna sonora notevolissima (vi sono anche brani dal mitico "Concerto grosso" dei New Trolls) di un Luis Bacalov ispirato, in versione pre pre pre Il postino, insieme al gruppo progressive degli Osanna.
Eccezionale, una delle migliori nella storia della cinematografia italiana.
Stupenda faccia da duro; peccato che sia stato poco utilizzato in ruoli come questo.
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