Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
IMPULSI BUNUELIANI
Bambino proveniente da famiglia agiata, viziato e di carattere molto vivace, Alessandro De la Cruz avverte il suo primo, folgorante impulso omicida quando per gioco sua madre gli tira fuori un prezioso vecchio carillon e la sua giovane governante si appresta ad inventare su di esso una storia dai sottofondi macabri.
La morte della donna proprio poco dopo, per cause accidentali legate ad una sparatoria in strada durante una sommossa popolare, induce il bambino a credere che il carillon possieda poteri di vita e di morte sulla gente, e che questi, tramite l'oggetto, siano stati trasferiti a lui.
Da grande, ritroviamo lo stesso individuo ormai uomo, che, mentre si trova ricoverato in una clinica, viene preso da un raptus omicida ai danni di una suora che poi, dopo essere riuscita a sfuggirgli, muore accidentalmente precipitando dalla tromba dell'ascensore fuori uso.
La polizia chiude presto il caso adducendo la causa del decesso ad una fatale e drammatica disgrazia, quando ecco che Alessandro, sopraggiunto al distretto di polizia, si proclama quasi con fierezza colpevole e, dalla sua voce, con altrettanta decisione e risolutezza, ci viene dato modo e privilegio di farci parte, tramite un lungo flashback, di conoscere tutti i tasselli oscuri e inquietanti che hanno caratterizzato il suo morboso rapporto con l'altro sesso nei decenni precedenti.
Storie di corteggiamenti morbosi verso un numero considerevole e variegato di donne, che hanno dato luogo spesso a tentativi di porre in atto quel desiderio omicida sempre presente di cui l'uomo si è sempre considerato portatore partecipe ma incolpevole, quasi fosse stato omaggiato di un dono superiore durante quell'inquietante episodio occorso durante la propria irrequieta giovinezza.
La polizia non potrà che prendere atto dell'accaduto, senza tuttavia poter condannare un uomo moralmente colpevole, certo, ma a conti fatti sempre puntualmente scagionato da una buona sorte o da un destino beffardo ma favorevole, sempre in grado di renderlo ufficialmente estraneo alle varie disgrazie occorse alle donne che gli hanno condiviso parte del cammino esistenziale.
Tratto dal romanzo di Rodolfo Usigli, Luis Bunuel, nel fulcro della propria stagione di vita ed artistica messicana che ha visto l'autore in loco nel ventennio abbondante tra il '40 e la prima metà dei '60, dà vita ad una pellicola intrisa di humor nero e di staffilate sottili e beffarde ai danni del mondo benpensante e doppiogiochista legato alla Chiesa Cattolica, caratterizzato dal noto ed infingardo atteggiamento votato a predicare bene e a razzolare male; nel contempo l'acuto e sferzante cineasta delinea, nel narrare le turpi vicende del nostro aristocratico ceramista dagli istinti assassini incontrollati, i tratti inquietanti di un vero e proprio assassino seriale mancato, la cui volontà omicida lo rende tuttavia, almeno a livello di coscienza, non meno colpevole dei veri autori di simili delitti concretamente messi in atto, e non salvati, come invece capita sempre e puntualmente al nostro, da una fortuna cieca o dalle circostanze incredibilmente favorevoli di un destino innaturalmente e diabolicamente propizio.
Bunuel tuttavia non cede alla tentazione di strutturare il racconto come un noir o un thriller, come tutto sommato sarebbe stato lecito potersi aspettare da una storia simile, ma mantiene piuttosto fede alla propria attitudine di scavare a fondo con l'acume e il sarcasmo che lo hanno reso un grande, fino in fondo ai recessi del vizio e dell'indole più segreta degli individui: quelle oscure sfaccettature che talvolta rendono l'uomo come la più spregiudicata ed inaffidabile delle creature esistenti sul pianeta.
Il film diverrà col tempo un cult, amato e citato da molti altri autori come Almodovar in Carne Tremula, e de la Iglesia In Crimen perfecto.
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