Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
La ricerca quasi impossibile e comunque continuamente frustrata della purezza nella figura femminile e l'incapacità di compiere sia l'atto sessuale che l'omicidio (come facce della stessa medaglia) si nascondono dietro alla trama, abbastanza banale, di un giallo all'americana, raccontato quasi per intero in flashback.
In questo tipo di trama, Buñuel inserisce una serie impressionante di elementi che fanno riferimento all'esperienza surrealista, nonché ad altri film del regista. Il protagonista ricorda il Francisco di El (1953) ed anticipa sia il Don Lope di Tristana (1970) che il Mathieu di Quell'oscuro oggetto del desiderio (1978), nei quali Buñuel ribadisce, fino agli ultimi anni della sua carriera, i concetti che gli sono cari da sempre.
Si è parlato di impotenza del protagonista Archibaldo (chissà perché ribattezzato dai distributori italiani Alejandro, ma chiederselo è ormai una battaglia persa in partenza) e di guasti dell'educazione cattolica, che condurrebbero questo personaggio all'irrefrenabile desiderio di uccidere ed alla consapevolezza, peraltro erronea, di essere un assassino. Per la verità questi elementi sono soltanto presunti ed al massimo desumibili dal testo, ma mai esplicitati da Buñuel, che, al massimo, dissemina di oggettistica religiosa la casa del Nostro. È un po' come se il regista sparpagliasse nel film le tessere di un mosaico, affidando allo spettatore il compito di metterle insieme. Ma il disegno è ben presente nella testa del regista e, comunque si dispongano, le tessere del mosaico sono pur sempre quelle.
In ogni caso, Estasi di un delitto è uno dei risultati migliori e più significativi del periodo messicano di Buñuel.
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