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I professionisti

Regia di Richard Brooks vedi scheda film

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FABIO1971

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su I professionisti

di FABIO1971
8 stelle

"La rivoluzione è come una grande avventura d'amore: al principio sembra una dea, una causa santa. Ma, come tutti gli amori, ha un nemico implacabile: il tempo. E allora uno la vede com'è realmente. La rivoluzione non è una dea, ma una baldracca: non è mai stata pura, mai santa, mai perfetta".
[Jack Palance]


Un incipit folgorante
L'irresistibile, incalzante e travolgente commento musicale di Maurice Jarre anticipa di un'impercettibile frazione di secondo l'ingresso del luccicante logo della Columbia. Una dissolvenza di chiusura introduce, poi, l'inquadratura di un muro, dove campeggia la scritta "Viva Villa" e sul cui sfondo partono i credits del film, iniziando dal titolo I professionisti.
Messico, quindi, secondo decennio del Novecento. Ma chi sono questi professionisti? Una dissolvenza incrociata sul primo piano del volto di Lee Marvin annuncia il suo nome: sta mostrando il funzionamento di una mitragliatrice in un accampamento militare sotto il sole del deserto, mentre in un paio di inquadrature si intuisce che qualcuno lo sta cercando (un uomo, infatti, scende da un'automobile per consegnargli un messaggio). Comunque, il primo professionista è un esperto d'armi, questo è evidente.
Altra dissolvenza incrociata, nuovo professionista: si tratta di Robert Shaw, che entra in scena al galoppo precipitandosi nel recinto di un ranch. È un allevatore di cavalli e si scaglia furibondo contro un suo dipendente che ne stava maltrattando uno. Non c'è più il sole del deserto: ora il cielo è grigio e carico di nuvole, che sovrastano una distesa interminabile di montagne. È una sequenza tutt'altro che diegetica alla presentazione del personaggio, dove la minacciosa cornice ambientale non è che lo stridente controcanto alla purezza dell'eroismo di Robert Ryan, evocato, dopo il suo ingresso sulla scena, in una settantina di secondi di campi medi e piani americani, in cui atterra il suo dipendente a pugni e lo licenzia perchè gli aveva intimato di domare il cavallo, "non di rovinarlo". La scelta dei piani americani non è casuale, connotando uno dei tagli dell'inquadratura più classici nel cinema western. Classicità: purezza, quindi. Questo professionista è sicuramente una persona leale e retta, non c'è alcun dubbio. E, come prima per Lee Marvin, qualcuno lo sta cercando. Nuova dissolvenza incrociata e nuovo professionista, mentre la colonna sonora continua incessantemente a scolpire ogni inquadratura, esaltando i tagli del montaggio e l'essenzialità dell'esposizione in una magica sintesi di vibrazioni emotive (l'effetto della visione sullo spettatore) e abilità narrativa (la potenza della scrittura cinematografica): in elettrizzante sintesi, il cinema di Richard Brooks, tecnicamente (o grammaticalmente che dir si voglia) uno dei più straordinari affabulatori di Hollywood.
Woody Strode, il terzo professionista, entra in scena sulla strada principale di una polverosa cittadina mentre conduce dallo sceriffo un criminale in catene. Non ha neanche il tempo di evitare con destrezza l'ultimo, disperato (e inutile) tentativo di aggressione del suo prigioniero, che subito viene avvertito dallo sceriffo: "Conosci un certo John W. Grant? Gli servi. È urgente". Lapidario, lo sceriffo: ma fornisce più di un dettaglio, a partire dal nome di chi sta cercando questi professionisti e dalla fretta con cui li sta rintracciando in lungo e in largo per gli Stati Uniti. E Woody Strode? Ha catturato una preda tutt'altro che docile, quindi conosce senz'altro il proprio mestiere.
Nel cambio di inquadratura la colonna sonora, introducendo dopo una dissolvenza incrociata l'arrivo del nuovo professionista, cambia registro e si accoda ironicamente, in una languida melodia spagnoleggiante, a una sequenza leggera e caricaturale: in una camera da letto, di notte, un marito cornuto sorprende la propria moglie a letto con un altro uomo. È Burt Lancaster, che in fretta e furia è costretto a fuggire in braghe di tela dalla finestra. Nient'altro, perchè Brooks sospende la sorte del nuovo entrato e dissolve "inaspettatamente" su un treno in viaggio nella notte, mentre la colonna sonora di Maurice Jarre torna a esaltarsi nel suo tema principale e i titoli di testa annunciano il resto del cast (da Jack Palance a Ralph Bellamy e Claudia Cardinale) e i credits tecnici, tra cui sfilano gli altri nomi da appuntare: dalla magnifica fotografia del grande Conrad L. Hall (Detective's Story, Nick Mano Fredda, Duello nel Pacifico, Butch Cassidy, Città amara e, più recentemente, American Beauty e Era mio padre, tra i suoi lavori) al montaggio di Peter Zinner, dalle musiche meravigliose composte da Jarre alle scenografie curate da Ted Haworth (art director) e Frank Tuttle (da non confondersi con l'omonimo regista di Il fuorilegge), fino al soggetto del film, tratto dal romanzo A Mule for the Marquesa di Frank O'Rourke, ex giocatore di baseball morto suicida, non prima di essersi dedicato a una proficua carriera di scrittore, spesso saccheggiato anche dal cinema (Bravados di Henry King, ad esempio). E poi, ovviamente, il regista-sceneggiatore-produttore di I professionisti: Richard Brooks, che, terminati i titoli, riprende subito a tessere le fila del suo discorso.
Adesso è giorno e sull'ultimo vagone del treno c'è Ralph Bellamy: è lui il John W. Grant alla ricerca dei professionisti e sta attendendo l'arrivo degli uomini che ha fatto rintracciare. L'ultimo a presentarsi all'appuntamento, a bordo dell'automobile venuta a prelevarlo, è Rico Fardan (Lee Marvin), preceduto da un banchiere con una cassetta contenente centomila dollari in monete d'oro destinati a Grant, che ha talmente fretta da non perdere tempo neanche a contarli.
Dall'apparizione del logo della Columbia fino al termine dei titoli di testa, con cui si esaurisce l'incipit del film, sono trascorsi poco più di quattro minuti. Richard Brooks...

Il film
Terminato il prologo, Brooks inizia a fissare le coordinate "ludiche" della vicenda, risolvendo prontamente tutto ciò che era rimasto in sospeso o lasciato soltanto intuire fino a quel momento. Ecco, quindi, le spiegazioni: Maria (Claudia Cardinale), la moglie messicana di Grant, è stata rapita dall'ex rivoluzionario Jesus Raza (Jack Palance), capo di una banda di mercenari e tagliagole, che pretende centomila dollari di riscatto. Ai suoi tre professionisti, guidati da Rico Fardan, che conosce Raza dai tempi della loro comune militanza nelle truppe di Pancho Villa, Grant affida una missione disperata: "Mia moglie la tengono prigioniera a circa cento miglia all'interno del deserto: è una terra maledetta, ma per Raza è una fortezza. Lui c'è nato in quel deserto e i suoi uomini ne conoscono tutte le pietre, tutti i cespugli, tutti gli anfratti. Ci vorrebbero mesi di guerra per snidarlo. Però, pochi uomini audaci con molta esperienza, guidati da lei, possono farlo con un solo colpo rapido e deciso". Gli offre mille dollari di anticipo più altri novemila per ognuno a missione compiuta, ma Rico, per equilibrare la disparità di forze, ha bisogno di un altro uomo, un esperto di esplosivi: il suo amico Bill Dolworth (Burt Lancaster), finito al fresco per le sue recenti disavventure. È lo stesso Rico a recarsi a prelevarlo:
"Capisco che tu abbia perso ai dadi 700 dollari che non avevi, ma come hai perso i calzoni?".
"Facendo l'amore, ma per trovare i soldi. E ci ero quasi riuscito... Hai mai pensato che l'uomo è il solo animale che fa l'amore faccia a faccia? Comunque grazie di nuovo, se i soldi li mandavi ieri per telegrafo ti risparmiavi il viaggio".
"Ma ieri non li avevo".
"Beh, di che si tratta?".
"Non perderai i calzoni... Puoi perdere la vita, ma che importa?".
"Roba da ridere"
.
Anche Bill Dolworth è un ex rivoluzionario e l'idea di dover tornare in Messico non lo esalta. Non ha ancora appreso, però, i dettagli della missione:
"Chi ha preso la donna?".
"Raza".
"Quello nostro? E rapisce le donne?".
"C'è la lettera con cui chiede il riscatto".
"Che io sia dannato!".
"Lo siamo quasi tutti..."
.
Tra i canyon assolati delle Painted Mountains ha inizio l'insidiosa avventura del quartetto di professionisti assoldati da Grant, di cui fanno parte anche Hans Ehrengard (Robert Ryan), esperto di cavalli e Jake Sharp (Woody Strode), cacciatore di taglie: "Ha difficoltà a lavorare con un nero?", domanda Grant presentando Sharp a Rico (che alza gli occhi al cielo visibilmente infastidito dalla stupidità della richiesta). Iniziata la missione, i quattro fronteggiano brillantemente i manipoli di bandidos che gli ostacolano il cammino, pur nutrendo, soprattutto Bill, molte perplessità sull'intera vicenda ("Io e Raza siamo i due individui più venali che conosca, faremmo qualsiasi cosa per i soldi. Ma rapire una donna non è il nostro genere"). Bill, poi, cova ben altre e più segrete intenzioni, come confida inaspettatamente a Rico mentre rievocano con un velo d'amarezza le loro passate imprese messicane:
"Il Cimitero degli Sconosciuti... Quanti amici ci abbiamo sotterrato".
"Sì. E anche tanti nemici".
"Però è stata una bella battaglia: pochi uomini, poche armi, ma il passo l'abbiamo tenuto".
"Sì, ma chi ci pensa più? Chi se ne ricorda? Pensa a quei dieci di oggi: un anno fa quelli facevano la guerra ai governativi, invece di cercare di svaligiare pochi gringos. C'è andata bene".
"Ma ci hanno favorito. Era un pezzo che quelli ci avevano avvistato: che cosa aspettavano? Che bisogno avevano di attirarci in questo buco?".
"Dici che c'è sotto qualcosa?".
"A tre giorni dal Passo del Coyote c'è un altro cimitero, ma c'è una differenza: invece di eroi ci sono sepolte barre d'oro, due milioni di dollari di oro spagnolo, fuso in favolose barre d'oro massiccio che aspettano solo noi. E per prenderle non dobbiamo neanche fare i conti con Raza".
"È questa la ragione per cui sei venuto?".
"E se no per quale ragione?".
"La parola che abbiamo dato a Grant di riportargli sua moglie".
"La mia parola a Grant non vale un corno!".
"Ma l'hai data anche a me!"
.
Costretti a viaggiare di notte e a riposarsi di giorno per non stramazzare sotto il caldo infernale del deserto messicano, i quattro vanno ben presto incontro ai primi problemi: Bill, infatti, durante un giro di perlustrazione, viene catturato dagli uomini di Raza e soltanto grazie all'intervento in extremis di Rico e dei suoi compagni riuscirà a salvarsi. Decidono, allora, prima di dare il via all'incursione nell'hacienda di Raza un ingegnoso ed "esplosivo" piano di fuga, che Bill illustra a Hans con molta chiarezza:
"Io sono nato con la passione di creare, ma non so scrivere, nè dipingere, nè far canzoni".
"Quindi fai scoppiare le cose".
"È così che è nato il mondo: un botto come non si era mai visto".
"La dinamite in mano a un pazzo vuol dire morte".
"Questa può voler dire vita, per noi. Se saremo tanto fortunati da riuscire a tornare qui, potrebbe essere la salvezza. basterà dare fuoco a questa miccia, poi abbiamo dieci secondi per scappare. E la dinamite, non la fede, sposterà quel monte qui nel passo. Pace, fratello"
.
Finalmente, di notte, irrompono nell'hacienda: è una lunghissima e straordinaria sequenza, capolavoro di tensione e seduzione spettacolare, illuminata dai fuochi dei falò e dalle luci soffuse di torce e lampade, un crescendo di suspense e azione vertiginosa reso ancor più travolgente dalla chiassosa atmosfera dell'hacienda in festa, tra canti, musiche e danze scatenate, e che culminerà nell'inaspettata scoperta che attende i protagonisti e che li costringerà a una fuga disperata per scampare all'ira di Raza. Ma i colpi di scena non sono finiti...

Un nuovo western è possibile
La prima metà degli anni Sessanta costituisce, nello specifico ambito della storia del cinema western, un periodo di fondamentale rilevanza per comprendere l'evoluzione del genere nel passaggio dal periodo classico al revisionismo critico operato dalla cosiddetta New Hollywood. Per arrivare al Robert Altman di I compari, al Sam Peckinpah di Il mucchio selvaggio, al Sydney Pollack di Corvo Rosso non avrai il mio scalpo! o anche, seppur in misura minore, al Butch Cassidy di George Roy Hill o al Soldato blu di Ralph Nelson, bisogna, però, necessariamente soffermarsi su quei titoli imprescindibili che li hanno preceduti e ispirati: il Peckinpah di Sfida nell'Alta Sierra e Sierra Charriba, il Monte Hellman dei magnifici La sparatoria e Le colline blu, il Gordon Douglas del fondamentale Rio Conchos. E, appunto, il Richard Brooks di I professionisti. Attaccata dalla rivoluzione europea (lo spaghetti western) e sospinta dai venti della contestazione, l'industria hollywoodiana si preparava a rimettersi in gioco riscrivendo il proprio point of view sul genere: le visioni edulcorate del mito della Frontiera vennero spazzate via, lo sguardo si fece via via più politicizzato, l'estremismo della scrittura divenne consuetudine stilistica. I professionisti ne rappresenta proprio la paradigmatica e metaforica dichiarazione di intenti: sorretto da un ritmo vorticoso e orchestrato su una messinscena di dirompente impatto spettacolare, il film di Brooks rifugge qualsiasi compiacimento manieristico per nutrirsi di ambiguità e contraddizioni, sangue e polvere da sparo, rivoluzione e giustizia. E sebbene alcuni evidenti difetti di sceneggiatura nella caratterizzazione irrisolta di alcuni personaggi (quelli interpretati da Robert Ryan e Jack Palance su tutti) lo rendano un capolavoro imperfetto, I professionisti resta un'opera esemplare per lucidità e vigore. Molte le sequenze memorabili, incorniciate dalla meravigliosa fotografia di Conrad L. Hall, che cattura di giorno le luci della notte nel deserto, "filtrandone" ed esaltandone ogni possibile scintilla di colore: il citato incipit del film, l'arrivo in macchina di Lee Marvin all'appuntamento con il treno, il sanguinoso assalto di Raza e la sua banda al treno merci dei Colorados, la sezione di spietati tiratori scelti delle truppe governative, l'incursione dei professionisti nell'hacienda. Cast stellare: da un Lee Marvin in stato di grazia, alle prese con le prove generali del suo John Reisman di Quella sporca dozzina di Robert Aldrich, a un monumentale Burt Lancaster, dagli impeccabili Robert Ryan e Jack Palance al convincente Ralph Bellamy, passando per Woody Strode, a cui lo script regala una magnifica entrata in scena, fino alle due protagoniste femminili del film, dalla bellezza mozzafiato di Claudia Cardinale, che gira senza controfigura la scena della sua fuga a cavallo stroncata dalle esplosioni della dinamite, a un'irresistibile Marie Gomez nei panni della sexy-guerrigliera Chiquita.

Sipario
Uno dei più importanti western dell'intero decennio, un rescue movie anticipatore di sporche dozzine e mucchi selvaggi, impetuoso ed esaltante anche nello sferrare l'eroico e inaspettato colpo di coda finale. Richard Brooks non ha ancora finito con il western: ci tornerà giusto dieci anni dopo con Stringi i denti e vai!, ma nell'ambito specifico del genere, I professionisti e L'ultima caccia restano i suoi indiscussi capolavori.

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