Regia di Luciano Salce vedi scheda film
Amiamo Fantozzi perché è uno di noi, da sempre. L’eterna lotta contro l’ingiustizia, l’assenteismo condito dal menefreghismo; nato perdente, protagonista di una vita amara con qualche minima soddisfazione, talmente fugace che spesso nemmeno è percepibile. Il famosissimo personaggio, cucito addosso all’immenso Paolo Villaggio, brillantemente diretto da Luciano Salce, almeno in questi primi due capitoli, che racchiudono la vera essenza del personaggio; cronologicamente consequenziali, sembrano in parte concatenati, ed effettivamente lo sono, più degli altri che verranno. Se il primo è una presentazione disfattista del personaggio, la seconda calca la mano, salvo sporadiche reazioni di esuberante ribellione. Se del secondo resta memorabile la lapidaria e liberatoria “recensione” de La corazzata Kotiomkin, più e più volte rivista all’infinito e conosciuta da chiunque, del primo film del filone fantozziano è la partita a tennis tra lo stesso Ugo e l’amico e collega di sempre Filini a restare negli annali del cinema. Una recensione di Fantozzi non ha bisogno di molte parole, soprattutto questi due capitoli, pregni della filosofia goliardica, satirica e soprattutto realistica del Ragionier Ugo Fantozzi, reso indimenticabile dall’incomparabile Villaggio, capace di regalare profondità ad un personaggio apparentemente comico che invece è lo specchio dell’italiano medio di ieri, oggi e anche di domani.
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