Regia di Luciano Salce vedi scheda film
È il secondo film della saga più esilarante del cinema italiano. È il sequel perfetto del film precedente, perché ha una sua ragione di esistere, è l’ideale continuazione di una serie di disavventure. Può durare all’infinito, fino al logoramento. Fantozzi ci è arrivato al logoramento, ma per fortuna ha avuto il tempo di lasciare un segno indelebile. Tragico lo è certamente questo secondo film, una tragicità comica, ovviamente, ma anche amara. È un film divertentissimo, che ovviamente si lascia vedere con rara piacevolezza, ma non è un film comico come gli altri. Ha sì sequenze alle quali è difficile resistere (il cineforum, il varo della nave, la cena dalla Serbelloni Mazzanti Viendalmare), ma anche altre acri, quasi patetiche (che forse sono sempre le stesse, se viste con una lettura parallela).
Ciò avvalora ancora di più la tesi che Fantozzi non è semplicemente uno di noi, ma è la degenerazione e la degradazione di noi stessi, o almeno di una determinata classe sociale, quella dei travet dall’aspetto anonimo e quasi ridicolo e dagli atteggiamenti buffi (e di conseguenza dei succubi del sistema, dei sottoposti a padroni crudeli, delle ultime ruote del carro). Tra i tanti signor nessuno, figli di un Paese proletario e sentimentale, inevitabilmente basso, Fantozzi è l’italiano più medio che c’è. Tralasciando l’aspetto celatamente sociologico del film, su cui hanno riflettuto molti e troppi prima di me, non ci si può esimere dal ricordare alcune scene, che sono piccoli capolavori di comicità. Occorrerebbe aprire un discorso (serio) sulla La corazzata Potemkin: è stata letta come una critica al cinema cosiddetto pesante e in pochi si sono accorti che il film in questione è La corazzata Kotemkin e che le scene sono state ricreate dallo stesso Salce. Come per dire: il film è intoccabile, siete voi che ne parlate senza capirlo a non esssere intoccabili.
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