Regia di Claude Chabrol vedi scheda film
Co-produzione italo-francese che impegna Chabrol in un film profondamente nero e a tesi, un lavoro esplicitamente fantascientifico, ambientato in una realtà parallela e pericolosamente identica alla nostra, ma dalle implicazioni logiche fin troppo didascaliche, indirizzate in maniera palese a una morale facile facile: i media controllano le nostre vite. E le nostre morti, persino. C'è poco di nuovo e tanto lavoro per dirlo sembra esagerato: un soggetto di Norbert Jacques e Thomas Bauermaister, una sceneggiatura di Sollace Mitchell e di Chabrol stesso, una serie di rimandi cinematografici più o meno evidenti: quello principale, al dottor Mabuse, è onestamente ammesso dallo stesso regista, che inserisce anche un personaggio chiamato Lang in omaggio al Fritz da cui proviene l'ispirazione principale per questo Doctor M.; qualche dubbio invece può sorgere sul nome del tenente Hartman, condiviso con il sergente - non a caso maniaco del controllo e dell'ubbidienza cieca - di Full metal jacket (Kubrick, 1987) e su un eventuale omaggio a Bergman nella Sonja Vogler, il cognome in assoluto più ricorrente nell'intera filmografia di Ingmar Bergman, interpretata da Jennifer Beals (Flashdance). Uno su tutti fra i tanti Vogler di Bergman: l'illusionista - appunto - de Il volto (1958). Doctor M. non è un film mal realizzato, ma certo punta troppo dritto all'obiettivo per creare la giusta atmosfera, risultando artefatto nella costruzione narrativa e un po' facilotto nel finale rincuorante. La realtà è molto peggiore di quanto la pellicola ci racconti, o perlomeno il controllo dei media (soprattutto quello televisivo) sulle nostre vite si è spinto ben oltre a quanto qui si racconti. Dante Ferretti scenografo e Daniela Poggi in una particina. 5/10.
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