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La Divina Commedia

Regia di Manoel de Oliveira vedi scheda film

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La recensione su La Divina Commedia

di Peppe Comune
8 stelle

"Casa de alienados" è una clinica che ospita diverse eccentriche persone, ognuna impersona un personaggio importante della storia dell'umanità e ognuna crede nella bontà delle sue convinzioni. Ci sono Adamo (Carlos Gomes) ed Eva (Leonor Silveira) tormentati dalla natura del loro rapporto, Marta (Maria Joao Pires) e Maria (Julìa Buisel) assorte nella loro fede, un Gesù (Paulo Matos) predicatore e un Profeta (Luìs Miguel Cintra) metitabondo, un Lazzaro (Miguel Yeco) che si aggira furtivo con la sua bara e un "fariseo" (Luìs Lima Barreo) tentatore. Inoltre, il filosofo "nietzschiano" dell'Anticristo (Mario Viegas), Sonia (Maria De Medeiros) e Raskolnikov (Miguel Guilherme) di "Delitto e castigo" e Ivan (Diogo Dòria) e Aliosha (Josè Wallenstein) Karamazov. Ognuno di loro è portatore di un particolare sistema di valori e tutti insieme fanno uno spaccato emblematico della cultura occidentale.

 

http://upload.wikimedia.org/wikipedia/it/a/af/La_divina_commedia_(film).JPG

La divina Commedia - Scena

 

"La Divina Commedia" di Manoel De Oliveira sembra un gioco tremendamente serio inscenato per alleggerire il carattere filosofico delle dissertazioni sull'esistenza senza snaturarne i contenuti speculativi. Si oscilla tra il sacro e il profano con soave leggerezza condensando in un quadro di pura eleganza stilistica e di raffinata delineazione dialettica le convinzioni di fede e gli argomenti della ragione, le debolezze del corpo e i tormenti dello spirito. Attraverso la presenza di alcuni archetipi fondamentali della storia dell'occidente si compie un escursus intelettuale dentro alcune tra le pagine più significative della storia del pensiero filosofico dando così corpo ad un intreccio di voci solinghe che, tra momenti di dolorosa partecipazione emotiva ed altri di mera descrittività testuale, concretano di fatto la sostanziale contiguità concettuale tra il genio e la follia. Emblematiche sono le parole che il giovane Ivan pronuncia al direttore della clinica ((Ruyo Furtado) quando va in visita del fratello Aliosha. Gli chiede se ci sono dei posti liberi perchè l'incessante attività intellettuale l'ha stancato e vorrebbe tanto riposarsi. Ecco, la clinica ospita delle persone fiaccate dal peso delle rispettive speculazioni filosofiche, dall'urgenza di farle corrispondere il più possibile con la realtà fattuale, essa stessa diventa il luogo simbolo dell'incontro-scontro tra diversi modi di concepire l'ordine dell'universo, dove si discetta sulla fallibilità dell'uomo come peccatore e sulle sue enormi potenzialità come agente razionale. Un luogo aperto al mondo e alle sue insondabili questioni umane. Come spesso accade, con De Oliveira ad avere un ruolo importante è la parola, quella eternamente custodita nei libri e quella che si muove sinuosa a formare raffinate costruzioni dialettiche, quella che affascina per quanto è capace di generare bellezza e quella che scuote per come sa insinuare il dubbio in dichiarazioni di principio che si ritenevano buone una volta e per sempre. Col suo cinema si è immersi in un atmosfera tipicamente letteraria ed è richiesta un attenzione supplementare per penetrarvi con lo spirito adeguato. Può difettare in lentezza e peccare di eccessivo didascalismo (come in questo caso) talvolta, ma conserva l'indubbio pregio di rappresentare un invito continuo a rivedere criticamente le posizioni date e a rileggere la storia seguendo strade non convenzionali. E' come quei libri che occorre conservare con estrema cura perchè possono sempre tornare utili. Il cinema di Manoel De Oliveira va oltre lo sguardo.

 

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