Regia di Frank Marshall vedi scheda film
Pur essendo appassionato della vicenda da oltre 35 anni, e avendola cercato di "scarnificare" leggendo ogni possibile articolo e libro, oltre che vedendo tutti i documentari e servizi giornalistici disponibili, ho da sempre visto e acquistato pure in dvd nella "doppia versione" il capostipite di René Cardona padre e figlio, ma non avevo mai visto la seconda trasposizione cinematografica nel ventennale, del braccio destro di Spielberg per un rifiuto aprioristico, durato 30 anni. Non mi ero sbagliato, la sensazione e la mia conoscenza dell'approccio "stuporistico" e buonista Touchstone/Disney Pictures erano esatte.
Mi ci sono però deciso e approcciato lo stesso alla suddetta visione, solo dopo avere visto il bellissimo e recente film di Bayona.
"Alive" è invece proprio non brutto, ma bruttissimo, finto, patinato, innocuo, disneyano nel senso peggiore del termine, la quale lo ha prodotto, hollywoodiano nel significato più greve e cafonesco, supponente dell'accezione. Nel quale pure l'aspetto religioso degli osservanti latinoamericani è messo lì perché un poco deve comunque esserci, senza nemmeno approfondire minimamente il loro quasi animismo. L'aspetto antropofagico della vicenda, senza ricercare l'"esploitaismo":dei Cardona Sr. e Jr., è risolto senza soluzioni drammatiche e di conflitto credibili, visivamente estremamente in maniera pulitina e al fondo asettica, corretta, sempre per rientrare nel discorso di un film dalla filosofia pesantemente "spielberghiana", di innocuo spettacolo avventuroso per tutta la famiglia, con solo un poco di "suspense" per la sorte dei personaggi e all'acqua di rose, qui e là. Come negli inventati e davvero stereotipati "cliffhanger", cioè dei protagonisti aggrappati alle rocce nello strapiombo delle montagne, a stento tirati sù dai compagni.
Artificioso e senza il minimo senso del tragico oltre che della drammaticità, paratelevisivo e doppiamente colpevole e carente con un materiale narrativo di partenza del genere.
Falso e poco attendibile fin dalla illuminazione, anche laddove luci artificiali nel relitto della carlinga dell'aereo non avrebbero mai potuto esserci, ai costumi dei protagonisti fin troppo falsamente poco sdruciti, laceri e sporchi dopo 70 giorni in quelle condizioni, alle acconciature ancora fatte e i capelli non grassi, agli attori neppure smagriti ma ancora perfettamente in carne.
Finale dell'incontro di Parrado e Canessa con il mulattiere Silvio Catalan, e successivo salvataggio, che dovrebbe essere come ben ci ha insegnato con alto mestiere registico Bayona, il momento di massima accelerazione dell'affondo emotivo della vicenda, risolto in maniera sbrigativa e senza nemmeno rispettare la veridicità di come si svolsero realmente(i 16 compagni superstiti all'aereo sapevano e si prepararono all'essere in procinto di venire finalmente prelevati, poiché sentirono alla radiolina Spica che Parrado e Canessa ce la avevano fatta nella loro marcia di 60 km.attraverso le montagne, in cerca di soccorsi, non ignari come nel film americano).
Si salva in pratica soltanto la sequenza dell'incidente del Fokker militare della Fuerza Aerea Uruguaya, ma anche lì senza poi mostrare le conseguenze crude e atroci dello stesso, mirando ad una visione al massimo di sfuggita e edulcorata, dei feriti e lesionati gravi, in una ottica puramente da PG-13. E una storia così gravosa fisicamente e spiritualmente cupa, non merita/va un film con la ristretta e anodina visione, per famiglie da PG-13. Senza poi dare minimo adito alle assurdità di questi tempi ancora più assurdi, che "solo un attore indiano può fare l'indiano, solo un italiano un personaggio italiano, finanche alla follia di "solo un vero omosessuale può impersonare un omosessuale" e altre arcobalordaggini, ma gli attori americani del film non sembrano dei latinoamericani nemmeno in una sola riga dello schermo. Tranne qualche eccezione in ruoli minori come il meccanico dell'aereo, unico membro dell'equipaggio che sopravvisse allo schianto. Anche lo stesso Ethan Hawke come Nando Parrado suona di un falso e "carino" tipicamente hollywoodista, che è quasi meglio il Josh "The Walking Dead" che interpreta Roberto Canessa, il quale stupisce abbia potuto fare anche parte della produzione, come consulente tecnico. A questo punto credo poco ascoltato dagli americani, essendo per loro alla fine "solo" un uruguagio.
Brutta musica alla John Williams, di James Newton Howard, emozionante come le musiche sinfoniche da ascensore, che facevano sentire in sottofondo agli internati nel refettorio, in "Qualcuno volò sul nido del cuculo". Anche in questo improponibile ogni raffronto con la favolosa colonna sonora di Michael Giacchino, per il film di Bayona.
Per una volta il doppiaggio italiano ci mette del suo, trentanni fa solitamente di livello medio ancora eccellente, mettendo in bocca ai protagonisti voci troppo di primo piano e sovraesposte, c'è persino quella di Tom Cruise, che suonano quindi indefettibilmente "false" e corrette, pulitine, non reali, spontanee come si sarà parlato veramente, in quella situazione ansiogena e di trauma.
John Malkovich in breve cameo offre una delle sue infinite serie di "marchette" "alimentari", una garanzia di "qualità" all'incontrario quasi, gran parte della sua carriera
John Nada
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