Regia di Vincente Minnelli vedi scheda film
Nella carriera di Vincente Minnelli i melodrammi sono altrettanto importanti dei musical, se non di più, e di solito il suo migliore film in questo genere viene ritenuto "Some came running" con Frank Sinatra e Dean Martin. Tuttavia, un melo' minnelliano che non va assolutamente trascurato, tanto da meritare la promozione a quattro stelle su quattro nelle ultime edizioni del celebre Dizionario Mereghetti (a dire il vero un po' troppo, ma apprezziamo ugualmente) è questo "The bad and the beautiful" del 1953, che risulta un film su Hollywood, uno sguardo piuttosto amaro e disilluso sulla fabbrica dei sogni di celluloide attraverso il ritratto di un cinico produttore interpretato da un grande Kirk Douglas, attore che negli anni 50 era al top della sua carriera e che anche qui ci regala un'interpretazione memorabile di un personaggio ispirato a quanto pare a David O. Selznick.
Spesso avvicinato a pellicole come "Viale del tramonto" o "Eva contro Eva", in realtà ha una struttura a flashback tripartita decisamente originale, che ne fa secondo me qualcosa di diverso, principalmente un ritratto di un produttore isterico e megalomane ma portato a pensare in grande, ma sono altrettanto importanti almeno i tre personaggi del regista, dell'attrice alcolizzata e dello sceneggiatore che portano avanti i rispettivi flashback, con un'idea di sceneggiatura nel complesso efficace, che permetterà allo script di Charles Schnee di aggiudicarsi l'Oscar, una delle cinque statuette vinte insieme a quelle per la scenografia, i costumi, la fotografia e Gloria Grahame come migliore attrice non protagonista.
È un peccato che anche in questa occasione l'Academy abbia mostrato la propria miopia verso Kirk Douglas, rimandato a mani vuote come sempre, tuttavia la recitazione sua e di altri colleghi fra cui un'ottima Lana Turner, il sottovalutato Dick Powell e Walter Pidgeon, insieme alla descrizione d'ambiente molto colorita e disincantata e ad una regia che spesso riesce ad osare con soluzioni visive anche arrischiate e certamente meno convenzionali di quello che ci si aspetterebbe da Minnelli, garantiscono uno spettacolo ancora pienamente godibile a tanti anni di distanza.
Voto 8/10
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