Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Bunuel era un regista sempre originale e inventivo dal punto di vista formale, e con "La via lattea" invento' un genere forse mai visto in precedenza, il road-movie surrealista. Attraverso il percorso da Parigi a Santiago di due pellegrini, il regista spagnolo ci fa compiere un viaggio attraverso la storia del cristianesimo e le tante eresie che lo hanno contraddistinto. Non si tratta di un attacco frontale, ma la sensibilità atea di Bunuel viene fuori a più riprese, come il suo anticlericalismo; il film non suscitò comunque lo scandalo che era stato generato da altre sue opere come "L'age d'or" o "Viridiana". È un film di presa difficile per il pubblico e piuttosto sfuggente perché non è basato su una trama di tipo classico, ma su tanti piccoli episodi che si intersecano, a tratti con visioni e folgorazioni di puro gusto surrealista: figurativamente sempre ammaliante, stimolante per il pensiero, ma un po' disarticolato e faticoso in qualche nesso. È come una galleria di quadri animati, di cui lo spettatore comune avrebbe bisogno di una guida che lo aiuti per la comprensione del significato di certe dispute teologiche; un film ben poco commerciale che suscita stupore e per certi versi ammirazione. Tra gli episodi più felici, il duello fra due nobili sul tema della grazia e della predestinazione: in forma leggera il regista riflette su dottrine e dogmi di non facile identificazione. Fra gli attori, nessuno si distingue per una performance recitativa particolare, ma sono tutti ben scelti e funzionali ai ruoli, con un apprezzamento particolare a Paul Frankeur e Laurent Terzieff che caratterizzano con tocchi gustosi i due vagabondi. Non raggiunge i livelli di "Bella di giorno" o "Il fascino discreto della borghesia" ma è comunque una tessera di un mosaico molto ricco sulla condizione umana e la fatica di non cedere alla tentazione religiosa, che Bunuel ritiene irrazionale e barbara.
Voto 8/10
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