Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Due vagabondi si muovono lungo il cammino di Santiago di Compostela (la “via lattea” del titolo). Il viaggio diventa un pretesto per un funambolico excursus sulla storia del cristianesimo, dei suoi dogmi, delle dispute teologiche e delle eresie che solo l’“ateo per grazia di Dio” Buñuel poteva affrontare (sua è la frase “il mio odio per la scienza e il mio orrore per la tecnologia finiranno per condurmi all’assurda credenza in Dio”, unica battuta pronunciata da un personaggio enigmatico). Sarebbe fuorviante considerare il film un pamphlet anticlericale: chi lo guardasse con questa idea, probabilmente lo troverebbe noioso (al massimo potrebbe godersi la scena della fucilazione di un papa). La documentazione è accuratissima: troviamo per es. il vescovo spagnolo del IV sec. Priscilliano, giustiziato come eretico dall’autorità secolare (e quindi prototipo di una modalità che segna tutta la storia del Medioevo e oltre, l’alleanza fra potere religioso e civile nella tutela dell’ortodossia di fede), un duello fra un gesuita e un giansenista (che recita frasi di Pascal) e molti altri episodi. Naturalmente c’è spazio anche per il Vangelo, di cui vengono però utilizzate le pagine più spiazzanti (la parabola dell’amministratore disonesto), magari mostrando le conseguenze della loro applicazione letterale (il locandiere mette la lampada dentro un armadio e chiude lo sportello, l’ospite obietta “ma cosa fa? non si mette la lucerna sotto il moggio, ma sopra il lucerniere, perché illumini la casa”). E alla fine una prostituta, realizzando una profezia di Osea (già citata dal personaggio della prima scena), dice ai due che da loro vuole avere figli e chiamarli “Non mio popolo” e “Non più misericordia”. Più che un film, un’esperienza.
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