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La via lattea

Regia di Luis Buñuel vedi scheda film

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La recensione su La via lattea

di Peppe Comune
8 stelle

Pierre (Paul Frankeur) e Jean (Laurent Terzieff) sono due vagabondi che si mettono in cammino per un lungo viaggio che parte da Parigi e dovrà concludersi al Santuario di Santiago di Compostela, in Spagna. Lungo il percorso si imbattono in molte persone strane e si trovano in diverse situazioni incomprensibili. Quasi sempre sono trattati male dalle persone a cui chiedono un pò di carità e mai reagiscono agli sgarbi subiti, accettando con pacifica rassegnazione i sempriterni sorprusi dei più forti nei riguardi dei più deboli.

 

 

"La via Lattea" è un viaggio di circa due secoli lungo la rotta del cristianesimo, tra misteri della fede e dogmi, eresie e inquisizioni, scismi e abiure, un cammino che attraversa trasversalmente lo spazio e il tempo per mostrare l'assurda pretesa di voler assolutizzare una fede."Tutto ciò che, in questo film, riguarda la religione cattolica e le eresie che essa ha suscitato, particolarmente dal punto di vista dogmatico, è rigorosamente esatto. I testi e le citazioni sono conformi sia alle sacre scritture, sia e delle opere di teologia e di storia ecclesiastica antiche e moderne", recita la didascalia che conclude il film. Un viaggio condotto all'insegna della solita vena dissacratoria di Luis Bunuel, un iconoclasta in lotta contro l'ipocrisia benpansante e il conformismo tranquillizzante. "La via Lattea" è probabilmente il film dove più è possibile tracciare i requisiti dell'ateismo di Bunuel che è di quelli che cerca di porre un fondamento di verità in alternativa a quella propugnata dalla religione. Una forma "virtuosa" direi, che non manca di portare rispetto all'essenza profonda del Cristianesimo, di considerare, piaccia o meno, il suo peso specifico come una componente essenziale e imprescindibile della cultura occidentale. Un ateismo che non arriva mai a farsi fondamentalista, a trasformasi, cioè, proprio come la cosa che intende combattere : negatore aprioristico di ogni verità altra da quella di cui si è portatori. Bunuel ha sempre attaccato ferocemente il mezzo religioso, mai il fine propugnato dal Cristianesimo. Al centro della sua disamina c'è sempre stato l'uso demagogico e arbitrario che le autorità ecclesiastiche hanno fatto della religione, il ruolo "sociale" della Chiesa, che spesso nella storia si è trovata accanto ai potenti nella difesa strenua delle loro posizioni di vantaggio usando proprio il ricatto della precettistica religiosa per anestetizzare a monte ogni lotta consapevole delle moltitudini di diseredati. Nei suoi film la questione religiosa è continuamente problematizzata, sia in quelli in cui è chiaramente centrale ("Viridiana", "Simon del deserto", "Nazarin") che negli altri dove è inserita nella più ampia discussione sulla morale borghese ("L'Angelo Sterminatore", "Il fantasma della libertà", "Il fascino discreto della borghesia"). Perchè a Bunuel interessa l'analisi della società nel suo complesso e il fatto che la pura e semplice estetizzazione dei valori religiosi svilisce la sostanza reale della loro supposta bontà, non consente affatto l'ascesi dell'uomo che ne accetta i fondamenti più per abitudine a conformarsi al senso comune che per reale e intima condivisione spirituale. Ne "La via Lattea", c'è un espediente, secondo me centrale, che esemplifica a dovere qust'aspetto della poetica di Bunuel. Pierre e Jean fanno un lunghissimo viaggio a piedi fino al Santuario non perchè sono dei credenti, ma perchè, vivendo di elemosina, sperano di fare un "buon affare" contando sulla massiccia presenza di pellegrini e sulla loro carità cristiana. Intanto però, lungo il loro cammino, sono proprio i più convinti assertori della fede cattolica, a braccetto coi gendarmi del potere, quelli che li trattano con maggior disprezzo. Ecco, le parole rimangono parole prive di senso se non sono seguite da azioni corrispondenti e la religione istituzionalizzata un pilastro imprescindibile delle prevaricazioni del potere temporale se i suoi precetti rimangono il modo attraverso cui si tenta di imporre un credo assoluto, invece di essere considerati più opportunamente come delle cose che possono permeare l'esistenza di ogni cristiano che si avvicina spiritualmente ai misteri della fede. A proposito delle analogie tra "La via Lattea", "Il fantasma della libertà" e "Il fascino discreto della borghesia", Bunuel ebbe a dire che tutti e tre parlano "della ricerca della verità, che bisogna fuggire appena si crede di averla trovata, dell'implacabile rituale sociale. Parlano tutti e tre della ricerca indispensabile, del caso, della morale personale, del mistero che bisogna rispettare". Le parole di un ateo illuminato.

 

 

 

 

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