Regia di Arthur Penn vedi scheda film
Un noir anni Settanta che col passare degli anni si è conquistato la reputazione di un piccolo classico. Il film vede Gene Hackman nella parte di Harry Moseby, un detective privato che viene contattato da un'attrice per ritrovare la giovane figlia sparita. La ragazza è interpretata da una Melanie Griffith agli esordi ma il film appartiene letteralmente ad Hackman, qui in una delle sue migliori interpretazioni in assoluto, un ritratto di un perdente alle prese con un caso difficile che nasconde molte insidie, un personaggio che sembra essere in balia degli eventi, che non riesce a controllare in alcun modo. Lo stile di Arthur Penn è stato definito in questo film "lirico e poetico" dal Mereghetti, che resta un suo grande ammiratore: a mio parere il film non ha un'importanza paragonabile a "Chinatown" di Polanski nel riscrivere le coordinate del Noir, anche a causa di un intreccio a tratti un po' faticoso in certe sue svolte, ma è comunque un film di indubbia rilevanza tematica, diretto con ottimo mestiere da un regista che all'epoca era ancora nella sua fase migliore. La Griffith ha un ruolo abbastanza importante, ma stranamente non viene inquadrata quasi mai in primo piano da Penn; tra gli altri attori si segnala soprattutto una buona prestazione di Jennifer Warren. L'interpretazione di Hackman richiama inevitabilmente quella de "La conversazione" di Coppola, uscito l'anno precedente, e a mio parere arricchisce di ulteriori sfumature un genere di personaggio in cui l'attore dava sicuramente il meglio di sè. Da riscoprire.
voto 8/10
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